Dire.it/ di Nicola Perrone/ ROMA – Non basterà il miglior amaro abruzzese a far digerire la dura sconfitta del ‘campo largo’ del Centrosinistra con la riconferma di Marco Marsilio a Presidente della Regione. Non era mai successo negli ultimi decenni che il presidente uscente venisse riconfermato. Stavolta Marsilio ce l’ha fatta, e lui giustamente parla di ‘pagina storica’. Chi nel Centrosinistra pensava al miracolo, dopo la vittoria in Sardegna grazie a nemmeno duemila voti in più, è rimasto deluso. L’Abruzzo ha scelto il Centrodestra con uno stacco di 7 punti percentuali: 53,5% a 46,5%. Una lezione da mandare subito a memoria: non è affatto detto che mettendosi tutti insieme la vittoria sia scontata.
Stavolta il candidato del Centrosinistra, Luciano D’Amico, era sostenuto da tutti, proprio tutti, pure Calenda e Renzi si erano trovati allo stesso tavolo. Non è servito, gli elettori hanno fiutato la fregatura, che l’alleanza era fondata sulla convenienza del momento visto e considerato che tutte le forze politiche la pensavano diversamente, attente sempre a marcare le differenze più che l’unione. Eppure il risultato elettorale, favorevole al Centrodestra, crea problemi anche tra i vincitori. Per capire che cosa è successo bisogna guardare le tabelle con i voti reali, non solo le percentuali. E’ una forzatura, paragonare i risultati delle politiche del 2022 con i risultati delle regionali che sono comunque state politicizzate al massimo, ma considerando la vicinanza di tempo e anche la percentuale molto vicina dei votanti, qualche indicazione emerge. Prima di tutto la nuova affermazione come prima forza politica di Fratelli d’Italia: 174mila voti alle politiche lo stesso adesso sommando i 139mila andati al partito con i 33mila a Marsilio Presidente. La tenuta di Forza Italia, che anche dopo la scomparsa del fondatore passa dai 69mila voti delle politiche ai circa 78mila di ieri diventando la seconda forza politica in Abruzzo. Il crollo della Lega di Matteo Salvini che dai 50mila voti delle politiche scende a quota 43mila.
Facile pensare che d’ora in avanti in casa Lega si cercherà di alzare ancora i toni, per differenziarsi e marcare la differenza soprattutto in vista delle sempre più vicine elezioni Europee il prossimo giugno. Anche nel Centrosinistra ci sono risultati molto chiari. Il Pd, ad esempio, ottiene un risultato importante, confermandosi prima forza di opposizione con un aumento di voti: 104mila alle politiche del 2022 ai 117mila alle regionali di ieri, voti che aumentano se si considera anche il buon risultato della lista Abruzzo insieme, 44mila consensi, con dentro candidati una volta Pd. Per il cosiddetto campo largo, fortemente sostenuto dalla segretaria nazionale Elly Schlein, la doccia fredda arriva dal voto del M5S di Giuseppe Conte. Alle politiche i ‘grillini’ si erano portati a casa 115mila voti, alle regionali di ieri sono scesi a 40mila. Anche per loro, in vista delle Europee, facile prevedere che si smarcheranno a più non posso, alzando i toni e marcando la loro diversità rispetto prima di tutto al Pd. Quale lezione? Prima di tutto non considerare i cittadini elettori come pupazzi pronti a votare qualsiasi candidato. Soprattutto se le forze politiche di opposizione vorranno riportare al voto il grande popolo degli astenuti, ebbene dovranno prima di tutto fare i conti con la propria identità politica e di un progetto credibile per il futuro. Perché se alla fine non si riuscirà a far emergere la speranza del cambiamento in meglio è chiaro che quelli che andranno a votare è facile ch si terranno l’esistente.