Ancora ai ceppi la professoressa incriminata in Ungheria per aver partecipato a una manifestazione antifascista ed aver fatto parte di un gruppo di assalto verso una persona. Non aiuta il portamento della donna che appare ben lontana da poter essere da nocumento fisico per qualcuno. Il tribunale ungherese ha guardato tutto alle condizioni situazionali: manifestanti dall’estero, con piglio polemico, in tenuta di aggressione verso le contaminazioni fasciste sussistenti in Europa.
Un processo indiziario tutto da smontare. E invece nei giorni e nei mesi è stato montato. Subito una campagna di stampa nostrana dove si è giustamente evidenziata la condizione intollerabile di prigioniera ammanettata e accompagnata sotto stretta vigilanza come se fosse in grado di innescare un meccanismo esplosivo. Cosa che se avremmo visto in un film saremmo usciti dalla sala per l’esaltazione della forza repressiva mostrata. E invece è successo veramente.
C’erano tutti gli elementi, allora, per evidenziare la sproporzione delle misure di sicurezza – sempre con la cautela verbale che si chiede nel linguaggio diplomatico e quando si tratta con un altro paese che giustamente ha l’orgoglio di non accettare lezioni di nessun tipo da nessuno.
C’era da esaltare il lato umano. Ilaria Salis è una bella persona. Con ideali alti. Ed è per questo che associandosi con compagnie tali da esaltare tanto idealismo in comportamenti conseguenti è stata convinta a partecipare alla manifestazione antifascista in Ungheria. Ma non ha precedenti di aggressioni o fatti simili. Quella sorta di manganelle componibile che aveva in borsa serviva per la sua sicurezza, in assoluto. Non era stato usato contro nessuno. Non ci sono prove che abbia preso parte attiva a iniziative di aggressione.
Però, come si diceva, la condizione ambientale ha detto questo. E su questo elemento la donna deve sostenere un processo come se ci fossero prove della sua azione diretta.
Il senso della persona da evidenziare consiste nel suo essere una professoressa in predicato di fare dei passaggi importanti per l’acquisizione piena dello status di docente. Questo fatto compromette la crescita professionale della donna. (…). Ilaria non è una “dannata della Terra”.
E invece si è scelta la chiave politica. L’esaltazione repressiva di un governo che ha più di qualche influenza sulla magistratura giudicante e che di certo non accetta lezioni da nessuno. Ma chi potrebbe dargliele queste lezioni? Il governo in carica a cui si chiede di perorare per gli arresti domiciliari di Ilaria? Un governo amico del governo ungherese e che non comprometterebbe questo asse destra-destra per la pasionaria antifascista.
È stato snocciolato tutto il repertorio dei buoni sentimenti della sinistra nostrana. Con tanto di deputate in mostra a favore di telecamere, presenti al processo, ma per cosa? Quale concreto sostegno possono dare oggi a Ilaria Salis? Diversamente su questo caso posso fare un’operazione di immagine per loro stesse. E lo stesso potrà essere tentato per Ia giovane prigioniera in Ungheria. Candidarla è una bellissima idea simbolica per mostrare la fermezza del Partito Democratico sulla questione delle libertà. Ma non serve a Ilaria. Irrigidisce ancor più i rapporti con un paese dell’Unione.
Piuttosto, al di là del caso di Ilaria Salis per la quale c’è il massimo della solidarietà, il caso fa riflettere sullo stato delle libertà in Europa. Se l’Europa è anche questo, vuol dire che l’Europa non esiste. Perché la libertà si compie solo a condizione per cui ciascun cittadino sia una persona libera.