Su Giorgetti ci sono tutti gli elementi per scrivere un soggetto di tipo shakespeariano. Un ministro, pur importante, che si carica sulle spalle tutta la politica di un governo con responsabilità pesantissime, mentre tutti accanto a lui giocano a fare politica facendo parlar di loro.
Lui invece nelle sue stanze cerca di sciogliere i dilemmi epocali del nostro modello di economia. Se lui avrà e intuizioni giuste se ne prenderà merito la regina Giorgia. Se lui sbaglierà sarà mandato al massacro e lapidato come distruttore finale dello stato sociale del nostro paese.
Nel frattempo c’è Giorgia che se ne va in giro in Europa a tessere alleanze per un fantomatico centrodestra dell’Unione. C’è l’opposizione che si ritrova facendo quadrato contro la ministra Santanchè. Ma la Santanchè tiene e ringrazia. Era in una situazione debolissima per le inchieste sui problemi di malversazione delle sue società private ed era in difficoltà coi suoi. La mozione di sfiducia l’ha rafforzata, invece.
Salvini sempre più solo nel suo partito si lancia però nell’impresa del ponte ed appare come un incredibile simbolo della mancanza di contatti con le varie isole nella Lega che oramai non ne possono più delle sue sortite.
Ma Giorgetti nel silenzio pondera sulle cose giuste o sulle cose opportune da fare in una conduzione finanziaria disastrata dagli esborsi comportati dal superbonus. Il dilemma è sempre lo stesso. Due soluzioni entrambe detestate dagli italiani sono quelle di aumentare le tasse oppure di tagliare lo stato sociale. Ma anche se dovesse propendersi per la seconda: dove? La Sanità è sotto zero e da ogni dove arrivano lamenti sullo stato delle nostre strutture ospedaliere ridotte all’osso. Lamenti che stanno per avvertimenti: meno di così non si può.
La sostanza è una: non ci sono soldi. La crescita attesa non c’è stata. Il rapporto tra debito e PIL parla chiaro e prelude alle prossime rampogne dell’Unione Europea. Ci sarà una procedura per eccesso di disavanzo. Impossibile quindi manovrare in deficit.
Ma pur trovando una quadra nell’aumentare surrettiziamente le tasse e diminuire, sperando non se ne accorgano (ma è difficile) le spese, come riuscire a convincere i bontemponi del governo di cui fa parte? E come chiedere una tregua armata all’opposizione pronta coi fucili spianati?
Ma il dilemma è che non può prendersela neanche troppo coi superbonus e coi sussidi del precedente governo perché c’era anche lui.
Ma la soluzione prospettata si intravede nei crediti d’imposta. Si tratta di misure monitorabili che possono accompagnare la crescita. Ed è comunque una politica di incentivi coerente alle tradizioni dei governi precedenti. Ed è lo stilema della spesa pubblica a sostegno della crescita delle imprese. Solita minestra.
Quindi il nostro eroe solitario dovrà scegliere se ammannire la stessa tavola per far contenti mestamente i commensali, oppure se affrontare l’annoso problema del taglio alla spesa pubblica e diminuire le tasse.