Proprio ieri in un programma televisivo il governatore della Liguria, intervistato nella trasmissione di Nicola Porro, lamentava l’intromissione dell’Anac nella possibilità di dare una grande infrastruttura al porto di Genova per farlo diventare una sede di attracco molto competitiva nel mondo.
Il servizio serviva a ripetere la tesi per cui la sovrabbondante presenza di fattori di controllo finissero per costituire un freno per la crescita del sistema industriale italiano.
Stamattina, l’arresto per corruzione. L’accusa è pesante: corruzione. Avrebbe agevolato l’azione di organizzazioni criminali nella gestione di affari. L’inchiesta è della Guardia di Finanza. Gli arresti domiciliari sono probabilmente dovuti al mettere nell’impossibilità il governatore della Liguria di controllare elementi di prova, tanto che insieme a lui è stato arrestato tutto il suo staff. A cominciare dal capo di gabinetto, il terminalista ed anche l’ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. Questo ultimo avrebbe corrotto Toti chiedendo delle facilitazioni. Indagato per la stessa inchiesta anche un consigliere di amministrazione di un grande centro commerciale del luogo, un imprenditore della logistica. Anche da loro Toti avrebbe accettato dei finanziamenti pari a 74mila cento euro.
Scatta automatica la risposta per cui si sta parlando di “giustizia ad orologeria”. Altrettanto conseguente la risposta che con la frequenza delle elezioni nel nostro paese e l’altrettanto frequente casistica della corruzione è chiaro che i due fenomeni possano trovarsi in modo ravvicinato.
La ritualità di questo tipo di notizia non toglie la drammaticità di un problema costantemente presente nelle nostre cronache al quale si sottende però un’altra questione non suscettibile di essere oggetto di notizia. I problemi non lo sono mai. Semmai, a volte, le loro soluzioni. Il momento della sorpresa dell’arresto non riesce mai ad esser completato dalla chiarezza del problema a cui è sotteso.
Caos legislativo che non tiene conto della realtà effettuale ma si limita a dettare regole come se il mondo in cui si vive fosse a misura di dei. Ma l’umanità, invece, è un’altra cosa. Parallelamente a questo sistema di leggi tagliate per un dio ci sono codici e codicilli in grado di trovare scappatoie o possibilità di individuare vie d’uscita. Quindi un ritorno al primordiale, dove ciascuno in sostanza fa quel che vuole.
Cultura della politica relegata al mondo delle apparenze dove l’elettore è trattato come un infante al quale impartire poche parole guida che siano di riferimento a un groviglio di nodi da sciogliere le cui soluzioni, però, in definitiva, metterebbero d’accordo tutti. Quindi da una parte altisonanti parole guida, dall’altra la concretezza delle soluzioni dei problemi. IN mezzo ci sta l’azione di chi svolge una responsabilità concreta nelle funzioni di governo delle cose reali.
Informazione capace solo ad inseguire la realtà, senza anticiparne le risposte. Mancanza, quindi, nel mondo della notizia della capacità di individuare problemi non presenti ancora in agenda politica o di aggiornamento nelle azioni per il perseguimento della giustizia.
Nella permanenza di queste tre tipologie di realtà saremmo tutti condannati a replicare lo stesso mondo.