L’Italia si scopre paese in crescita. Secondo una stima pubblicata oggi su Il Sole 24 Ore il Prodotto interno lordo del nostro paese è cresciuto più degli altri paesi del G7. Sono gli Stati Uniti hanno fatto meglio di noi. “L’Italia è stata l’economia del G7 con la seconda più forte crescita del Pil pro capite nel decennio 2014-2023 (+1,1% medio annuo), dopo gli Stati Uniti (+1,7%)”.
Si tratta solo di un esempio, ma molto sostanziale, su come il dibattito e le parole guida del nostro paese non seguano effettivamente il suo andamento.
Tra de-industrializzazione, crisi politiche ricorrenti, pandemia, psicodrammi a go go, c’è un’Italia che invece ha deciso ogni volta di crescere e di rimboccarsi le maniche. E non c’entrano grandi guide o grandi leader a consentire di navigare nel mare della crescita necessaria per esistere.
Entrano invece persone in carne e ossa che inventano, imprendono, superano le difficoltà e vanno avanti considerando questo paese l’unico possibile. Prima di finire nella retorica della silenziosa operosità degli italiani dobbiamo anche dire che queste dinamiche si aprono anche grazie alle grandi occasioni che si prospettano.
Una di questa è sicuramente rappresentata dagli investimenti per il porto di Genova e dalla grande opera di infrastrutture che dovrebbero arrivare a Genova. Il condizionale è d’obbligo. Sì, perché il grande capitale, quello che imprime una spinta generale all’economia di un paese, se non trova condizioni di accesso per stabilire delle basi nuove se le cerca in altre realtà.
Il governo della Liguria tra mille goffaggini semplicistiche e tra fanfaluche dette al telefono, di cui si dà conto nei giornali esperti in fatto di pubblico ludibrio, questo cercava di fare. Spianando strade, ma più che altro millantando di farlo, davanti a problemi di procedure. Mostrando alla portata la realizzazione di cose sulle quali invece c’è più da lavorare per l’ottenimento di permessi o per il superamento di vincoli. Facendola facile al possessore di grandi capitali affinché non ripiegasse su altri progetti o su altri lidi.
Tutto condito con scenette alla Totò e Peppino che cercano di vendersi la Fontana di Trevi. Scene che fanno simpatia e incontrano una umana comprensione nei confronti di chi fa le capriole per guadagnarsi da vivere. Scene che però mostrano un paese ancora arretrato, alla faccia del Pil che oggi, solo oggi, ci dicono in crescita.
La vicenda delle inchieste che hanno portato ad altre inchieste su Toti evidenziano un altro elemento di arretratezza tutto nella sfera dei consumatori di notizie. Ed è quella di guardare dal buco della serratura e godere dei godimenti come delle sventure altrui. Un giudizio morale complesso ma che non dovrebbe meritare l’arresto per scongiurarlo. Ma di questo si deve attribuire la responsabilità a tutti, non solo ai giudici.
La questione di Toti fa banco nella scena politica e azzera tutto quel che c’è attorno. Significa dire che noi siamo questa cosa. E allora ha senso l’arresto, quindi l’interdizione dai propri spazi di libertà?