Cessate il fuoco, la parola magica che finora non aveva convinto nessuno in Medio Oriente sembra ora trovare orecchie più attente. E stanno proprio dalla parte di Hamas, quelli che hanno iniziato questo scontro militare e terroristico costato già di trentamila morti (fonte: ministero sanità Hamas).
Si tratta di capire, ora, se Israele, specificamente il primo ministro e i suoi consiglieri fidati, accetteranno queste condizioni arrivate dall’amministrazione Biden. È il ministro egiziano Sameh Shoukry a parlare per Hamas, però. E Madrid è il luogo di incontro in cui i pronunciamenti distensivi si sono svolti.
Il cessate il fuoco prevede la consegna dei prigionieri, la intermediazione nell’area che non ne può più di conflitti. Ma leggendo le note di agenzia che si susseguono mancano virgolettati dei primi attori e questo non può far tirare il classico sospiro di sollievo. Del resto non si può nemmeno sperare che nove mesi di conflitto finiscano d’improvviso come una bolla di sapone. L’oggetto del contendere restano sempre le garanzie dell’uno all’altro. Israele vuole vivere in una condizione di agibilità dei territori. La Palestina addivenire al progetto di costituirsi come popolo ancorché come governo. E qui rinascerebbero i problemi sui partner impegnati in questa impresa.
Tornando alla situazione attuale, secondo gli Stati Uniti, l’armistizio è possibile garantendo l’attuazione di tre diversi momenti. I civili a Gaza che ritornano nelle loro abitazioni – almeno quelli che ancora le ritrovano, la prima. La seconda, il rilascio degli ostaggi e la liberazione degli altri detenuti. E poi la ricostruzione delle aree devastate dalla guerra.
Chiaramente il ritiro dell’esercito israeliano a Gaza segue di conseguenza alla prima fase. Ma prima di immaginare il film a lieto fine bisogna porre alcuni presupposti perché non si ripetano attentati militare in danno alla popolazione israeliana. Si parte dall’atteggiamento dell’Iran per seguire gradualmente su tutti i vicini scomodi dello stato di Israele. Impossibile chiedere agli americani di metterli nella condizione di non nuocere. D’altra parte è pur vero che alcune garanzie sostanziali dovranno pur darle e non potranno essere relegate alle promesse condite di buone intenzioni.
Il lavoro di trattativa è ancora lungo ma sapere che è iniziato deve almeno dare una prospettiva.