Si devono votare: la presidenza dell’esecutivo comunitario, l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza, la presidenza del Consiglio europeo e la presidenza del Parlamento europeo. E pare proprio che Ursula anche viaggi sul velluto per la riconferma. È forte del fatto che la coalizione uscente – Popolari Socialisti Liberali – gode della maggioranza. Ha infatti 45 voti in più.
Potrebbero doversi cercare un’altra occupazione invece Metsola, Costa e Kallas. Ma quelli che se ne intendono si dicono sicuri che anche la Metsola ce la farà. Dovrebbe essere confermata come Presidente del Parlamento europeo.
Sono infatti il presidente del Consiglio europeo e l’Alto Rappresentante ad essere maggiormente in discussione. Del resto qualche segno di novità bisogno pur darlo. Non si può presentare ad un intero continente la minestra riscaldata già propiziata nella precedente edizione parlamentare. E allora dovrebbe spuntare il socialista. Oppure il liberale. Quindi: l’ex premier portoghese António Costa e il premier estone Kaja Kallas. Ma il primo è chiacchierato per un’indagine sul suo ex capo di gabinetto, il secondo è considerata diplomaticamente inopportuna in previsione della ricucitura dei rapporti con la Russia che presto o tardi dovrà pur avvenire.
E sulle consultazioni grava anche l’elezione del nuovo parlamento francese che, di certo, non influisce nelle camere dell’Unione ma potrebbe dare ancora più il segno di una tendenza a destra in Europa. E quando ciò accade specialmente in un paese fondatore questo si riversa sul resto. Va detto però che nel sistema costituzionale francese la politica estera è decisa dal Presidente che indica anche le nomine europee. Quindi formalmente la Francia non costituisce un problema.
I ventisette si sono dati come obiettivo la fine del mese. A luglio al massimo dovremo avere i nuovi comparti nelle stanze di comando dell’Unione, stabilità è il mantra ripetuto, ruolo inedito è quello del nostro paese. Con l’informazione che sembra fare il tifo più perché la Meloni confermi i miti consigli di aderire ai più forti piuttosto che sull’Italia e su un ruolo rafforzato nella nuova compagine. E non è improbabile che il nostro presidente del Consiglio abbia una posta per garantire la continuità di Ursula.
L’immagine dell’Unione dopo la prima legislatura di Ursula è uscita rafforzata per aver avuto un ruolo compatto dei paesi nella lotta al Covid, ma anche nelle misure a difesa dell’inflazione. Unità, più che compattezza, nei confronti della Russia e nella solidarietà al popolo ucraino invaso militarmente. Difficile, nel senso più discussa, invece l’adesione senza tentennamenti alle soluzioni militari di Israele dopo l’attacco del 7 ottobre. Il bilancio di credibilità del governo Ursula è questo. Ed è vero anche che, destre a parte, il Partito Popolare nella nuova compagine risulta rafforzato.
A fare i conti con l’opinione pubblica e l’inamovibilità di certe cariche ai vertici europei pare che dovranno fare il callo coloro che raccontano queste vicende dando enfasi alle trasformazioni in atto. Ma in effetti tutto pare rimanere sempre così com’è. Negli organi esecutivi infatti non c’è rispondenza, infatti, dell’ondata di destra arrivata in queste elezione, così come non ci fu dieci anni fa con la nascita di movimenti di protesta come Podemos, i Cinque Stelle e gli scioperanti parigini.
Dimensioni e carattere delle scelte nell’impalcatura europea danno l’illusione di trovarsi sempre al cospetto dello stesso mondo, mentre tendenze e collera sociale vorrebbero rovesciarlo. La mancata capacità di recepire queste istanze non fa dell’Europa una maestra di democrazia nel mondo. Semplicemente perché non lo è.