Si potrebbero prestare a facile sarcasmo: “attenti a quei due”, “Dio li fa e poi li accoppa” … Niente di tutto questo. I due hanno rappresentato fasi storiche vicine e lontane nella storia del riformismo mondiale. Di fatto però – oramai è notizia comune diramato dall’ufficio comunicazione dell’ex presidente del Consiglio italiano – Matteo Renzi ha ottenuto un contratto con la fondazione dell’ex premier britannico. Sarà un suo consigliere. E non si capisce cosa possa consigliare chi ha distrutto l’opzione liberal democratica in Italia a chi ha inventato i Liberal Labourist Party – la commistione di elementi di liberalismo dentro lo schema laburista – e per questa novità nell’agire politico ha inventato così un nuovo paradigma nel dibattito internazionale.
Qui si vuole dire che Tony Blair è il maestro dei maestri. Renzi il suo allievo. Un po’ saputello poi però ridotto alla defenestrazione in casa. A guardar bene anche Blair non fece un finale di carriera da evocare negli Annales. Il suo modello però resta un riferimento per chiunque voglia superare rigidità e schematismi novecenteschi anche nello schema del riformismo. Il povero Renzi, invece, con tutta la simpatia umana del mondo, è diventato una specie di monatto.
Il Matteo dell’Italia Viva ha affossato anche questo suo ultimo progetto così come ha ridotto in cenere la grande ondata creata da una fase molto favorevole per il progetto democratico. Renzi riuscì a toccare il quaranta per cento alle elezioni europee per poi avere l’improntitudine di voler proporre gli otto referendum rimasti del tutto indigesti, quindi rifiutati, che ne decretarono l’inevitabile declino.
Ha poi cercato di rimettersi in piedi. Giusto, doveroso, encomiabile. Necessariamente si è alleato ad un altro fuoriuscito dal PD, Carlo Calenda, ma ne sono usciti in breve con una scissione che ha logorato il fin troppo stentato progetto del soggetto centrista liberal democratico italiano.
Ma il grave in quella fase è che nessuno può dire quali sono i veri motivi politici per cui c’è stata la divisione. Se i due avessero avanzato due opzioni, entrambe legittime che avessero fatto discutere il loro elettorato, tutto rientrerebbe nell’alveo della politica. E invece quanto è successo tra i due è solo effetto di personalismo e protagonismo.
Detto questo il Matteo Renzi non poteva tentare il beau geste di ricollegarsi all’altro arto del suo orizzonte politico. No! Ha scelto l’alleanza con una miriade di soggetti inesistenti politicamente, ha sbagliato totalmente le parole forza della campagna elettorale. Ha insistito incessantemente sulle persone che si faranno eleggere ma non andranno a Bruxelles – cosa di cui non interessa nessuno perché l’elettore sbarra il progetto che gli sembra adeguato raffigurandolo col proprio leader, poi vada a rappresentarlo chi è pronto per farlo …
Cosa ha da consigliare a Tony Blair un protagonista di Caporetto ad un generale dall’allure del vincitore? Non lo sappiamo. Forse però il nostro Matteo uscirà dai radar per un po’. E questa è una buona notizia per noi e per lui.