Parlando confonde Putin con Zelensky. Ma il lapsus più grave e che fa lavorare lo psicoanalista è stato il confondere il vice presidente Kamala Harris. L’ha invece confusa nell’effluvio del nominare con Donald Trump. Segno di rapporti non troppo coesi dalle parti della White House. Ed anche questo delle interpretazioni delle gaffe del presidente potrebbe diventare un filone buono di nuovo giornalismo psicoanalitico. Cercare di capire dagli errori di enunciazione di fatti, persone e cose, le categorie mentali della persona del presidente, da una parte, e dall’altra gettare luce sui rapporti di forza nelle segrete stanze.
Ma a questo punto capito il gioco la nuova attività potrebbe essere interpretata direttamente dal Presidente. Sapendo che ogni parola sarà interpretata, sezionata, analizzata e connessa con precedenti gaffe, il Presidente potrebbe di produrne di nuove ma solo per depistare.
E anche il mondo al di fuori del Presidente. Risponderebbe a lui oppure a quell’anziano ottantunenne oramai in disarmo che combatte contro i suoi lapsus linguae?
Il nuovo confronto con la stampa, dopo quello con la Cnn, ha nuovamente regalato il florilegio di errori che inevitabilmente emergono come concettuali. E se nomina sunt consequentia rerum diventa veramente interessante la nuova mappa costruita sugli errori di designazione nominale compiuti dal Presidente. Se quelle parole sono prese per buone offrono un quadro del tutto distorto ma forse più vicino alle cose effettive.
Si scopre così che Zelensky è vissuto solo come una colossale seccatura, quanto e come lo è lo stesso Putin.
Si scopre che il vero nemico il Presidente ce lo ha in casa. Si chiama Kamala Harris ed è, al momento, più preoccupato di lei che di Trump. Si scopre che in definitiva tutta la complessa questione del Medio Oriente per il Presidente è vissuto come un immenso calderone dal quale vorrebbe sottrarsi, il Presidente come ogni americano. Ma non si può dire. Il Presidente lo dice. Non lo afferma. Ma lo trasmette attraverso le sue gaffe.