Le due massime cariche dello Stato vanno in contrasto tra loro anche quando si parla di volgari botte date a un giornalista del quotidiano La Stampa durante una manifestazione di destra. Il presidente considera eversivi atti in danno ai giornalisti. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, pur concorde nella stigmatizzazione, sottolinea il fatto però che quel giornalista non si era qualificato. Quindi hanno menato a uno qualsiasi nella consapevolezza dei picchiatori. In qualche modo, quindi, meno grave – secondo Larussa.
Il livello apicale dell’asserzione e della sua chiosa ma soprattutto il livello dell’impostazione evidenzia come la libertà di dare informazione critica, nel nostro paese, sia un valore solo di facciata. Buono da ripetere in manifestazioni pubbliche per farsi paladino delle libertà ma in definitiva poco coltivato.
Sì, perché la libertà di informazione e il diritto di esercitarla dando evidenza ad elementi di conoscenza non sono un bene che è dato, per tanto inesauribile. Deve essere difeso costruendolo e rafforzandolo giorno per giorno. Se si è arrivati al punto di aggredire fisicamente qualcuno perché faceva domande è perché di fatto questo diritto-dovere in uno stato liberale e democratico è affievolito.
Schiaffi e pugni sono solo l’aspetto sintomatico di un problema che grava da moltissimo tempo e trattasi di lavoro storicistico e analitico capire quando è iniziato questo processo.
La libertà di stampa – espressione antica con la quale si indica in genere la libertà di informare, soprattutto in veste critica, valore sancito dall’articolo 21 della Costituzione – è attaccata quando non c’è un istituto per questa funzione della democrazia. Tutto è affidato alla determinazione di alcuni editori e di operatori di questo mestiere intenti ad operare anche con remunerazioni inconsistenti.
La libertà di stampa è attaccata con la pratica delle denunce temerarie che i potenti fanno a giornali e giornalisti nel tentativo di intimorire l’azione di corretta evidenziazione di note sui quali si ritiene di puntare l’attenzione.
La libertà di stampa è vilipesa quando la pratica di alcuni addetti alla politica nostrana hanno un portamento da signori del sapere e recepiscono il cronista come un sottoposto.
La libertà di stampa è schiacciata di fatto nell’impossibilità di formare un editore puro che muove un’attività con la missione di informare, discutere, analizzare, senza sottoporsi a pesanti gravami di influenze politiche o economiche che ne determinano la linea di condotta.
Ma la libertà di stampa è stata minata dai suoi stessi operatori che negli anni non si sono fatti rispettare e. alla ricerca di una copertura in grado di procacciare uno straccio di stipendio, hanno preferito tutelarsi dietro diversi potentati in grado quantomeno di poter esercitare il mestiere.
Ma di tutto questo non parleranno mai i legislatori che, di per sé, non hanno alcun interesse al cambiamento dello stato di fatto. Dovrebbero essere gli operatori diretti ad astenersi da questo gioco per cominciarne un altro tale da guardare in modo autentico alla loro missione, senza guardare minimamente schieramenti precostituiti.
Tutto questo pare essere un sogno. Ma in altre parti d’Europa e dell’Occidente ci approssimiamo di più a questo sogno di quanto noi, oggi, qui nella nostra Italia, ci premuriamo di esser gli scrivani di questo o di quello.
Ma lo sprone verso la libera interpretazione dei fatti come della selezione nella loro rendicontazione sono slanci vitali per una società che continuano ad esserci nonostante le condizioni avverse in cui sono praticati. “Era solo un sogno? Ebbene, voglio continuare a sognarlo”.