Se c’è un dato certo nella fenomenologia della notizia, è che al lettore non interessa alcuna questione relativa alla libertà di interpretare il mestiere di giornalismo. Trattasi di una questione che interessa sempre e solo gli esclusivi addetti. Ed è un errore perché la libertà ma anche la qualità e l’approfondimento di una nota relativa ad effettivo accadimento nella realtà, costituiscono un pilastro della nostra democrazia. Ma soprattutto un’attestazione della libertà propriamente detta.
Succede così che un post sarcastico sulla presidente del Consiglio da parte di un autore Rai, scateni la difesa dei suoi. In particolare il senatore Gasparri chiede uno “svecchiamento” dei ruoli. Sempre da Pechino, sempre Giorgia Meloni, si lancia contro un tipo di informazione orientata a sinistra colpevole di non aver compreso il Report dell’Ue sullo Stato di diritto attaccando il governo.
Come sempre si ventilano il timore su liste di proscrizione. È la Federazione Nazionale Stampa Italiana ad agitarlo.
E mentre i dibattiti spolverano i soliti luoghi tipici sulla sacralità della libera informazione invigilando i governi in carica a tutelarla, si sfugge puntualmente la centralità del problema che consiste nella costatazione sulla sussistenza o meno di un mercato dell’informazione.
Esistono nel nostro paese degli editori liberi che imprendono in radio, giornali, portali internet o emittenti televisive con l’obiettivo di dare un servizio di libertà nei confronti della versione emessa dai palazzi? Siano questi governo, parlamento, procure, imperi finanziari, esiste qualcuno che per uno spirito di libertà mette soldi, imprenditorialità, voglia di fare, per un progetto di questo tipo?
IL nostro paese è quello in cui una nuova voce dell’informazione nasce a ridosso di una campagna elettorale per avvantaggiarsi delle risorse a disposizione e chiude una volta che queste risorse cessano.
Restano in piedi i grandi giornali rimasti con questa aggettivazione per il nome e la storia di pubblicazioni che portano. Non per il numero di lettori né per l’influenza che riescono ad esercitare sui lettori.
Parlar male o bene del governo serve solo a rafforzare l’opinione del lettore fedele di una proposta editoriale proprio perché sa cosa deve aspettarsi.
Chi riveste ruoli di rilievo nel governo della repubblica lo sa perfettamente però gioca al ruolo di vittima per attestare quello che non c’è: un’informazione effettivamente libera di orientarsi al di là delle posizioni di partito o di schieramento. Piangere perché ingiustamente attaccati fa ritenere esista una libertà di esercitare la professione dell’informazione. Esiste invece la libertà di scegliere a quale congrega allinearsi per perorare le ragioni dell’uno o dell’altro.
Ci sono le eccezioni, ovviamente. Ma è un lusso per un paese colonizzato dal pensiero biunivoco che rischia sempre più di rimanere schiacciato tra i titani. Ma anche se in forma assolutamente minoritaria, c’è. Ed è questo che dobbiamo difendere.