Il modello Italia funziona. Le Olimpiadi promuovono il sistema organizzativo dello sport e insieme anche la conseguenziale macchina sportiva. Tutti contenti. Già dimenticate le ingiustizie arbitrali e la pugile malmenata ad inizio match, così come la Senna presentata a grande emblema di ecologismo conquistato e invece fonte di malanni per gli atleti.
La sbornia dello sport è anche questo. In definitiva serve per dimentica, almeno per un po’, i problemi della realtà per inventare competizioni fittizie il cui esito avrà un vincitore che potrà fregiarsi del merito. Lo sport ha smesso da tempo di essere anche questa cosa e queste Olimpiadi ne sono state l’emblema.
Confermarsi tra le Top10 nel mondo non serve se tutto questo non corrisponde ad uguale merito nella conduzione della società, nella capacità di sviluppare benessere e tecnologie a misura di persona. I giochi olimpici somigliano a un’altra raffigurazione della realtà: quella della finizione.
Dare l’apparenza che tutto funziona e il merito trionfa quando sono diverse le logiche ad essere determinanti. Vincere medaglie nella scherma, nel nuoto, nell’atletica leggera e nella ginnastica artistica e ritmica, non serve se nel nostro paese non ci sono sufficienti strutture sportive e ci si trova a discutere sul perché di tanti incompiuti negli impianti adibiti allo sport.
Come dimenticare l’assenza della Russia? Quel potenziale medagliere russo ha fatto emergere altri paesi, in testa a tutti i padroni di casa, la Francia. C’è anche la Corea del Sud, il Giappone e i Paesi Bassi.
Il problema centrale però resta che se le Olimpiadi non si pongono come fenomeno eminentemente politico non servono a niente. È come se si svolgessero dei piccoli tornei mondiali tra diversi sport e stabilire in breve il vincitore senza un vero screening di merito.
L’Olimpiade invece deve tornare ad essere un momento di grande confronto nel mondo dove i paesi si misurano sui livelli di benessere, quindi sulla capacità di esprimere eccellenze agonistiche in questi contesti. Si tratta di un’occasione giusta per fermarsi un po’ tutti, capire dove si sta andando e, senza aver l’urgenza di contare le medaglie, porsi il problema di un mondo migliore. Un mondo dove la competizione dei mercati e delle rispettive capacità industriali fa pace con sé stessa per guardare cosa sono in grado di esprimere le generazioni maturate nei rispettivi processi storico-evolutivi.
Un momento anche di cambiamento osservando che esistono altre realtà dove si sono risolti in modo diverso problemi ancora aperti.
Le Olimpiadi che avrebbero senso chiamare così. I piccoli tornei sportivi ne abbiamo oltre misura fanno parte di un piccolo mondo reso grande dai teleschermi, ma minuscolo per portata storica.