Kamala Harris tocca i nervi sensibili del carovita e assicura che la sua attività sarà quella di non consentire di aumentare i costi delle abitazioni, per la cura della salute e di alleggerire il costo della vita.
Donald Trump afferma di voler cercare il petrolio in casa e di rendere più libera e meno vincolata l’economia americana per consentire una nuova crescita e per fare questo intende anche ridurre le tasse.
Se dovesse sintetizzarsi in estremo il confronto cultural-politico tra i due configura questa enorme differenza di visuale. Al di là delle battute e dei colpi sotto la cintura che i due candidati si scambiano nelle dichiarazioni – utili esclusivamente a far parlare di loro – il confronto è come al solito tra una cultura socialisteggiante e quella liberista. Ma mai come adesso il solco tra i due ambiti era stato così netto tanto da non rendere possibile alcun avvicinamento diplomatico tra i due – anche solo per rassicurare l’elettore prendendo un po’ dall’altro al fine di dare maggiore apertura al proprio discorso.
Da una parte centrare solo su politiche sociali ritenendo che il popolo è allo stremo, dall’altra dare risposte alle ragioni di questa esasperazione del popolo: chiudere le frontiere, limitare fortemente l’immigrazione e l’arrivo di merci da tutto il mondo facendo una concorrenza sleale con le proprie.
Ma tutt’è due hanno bisogno di soldi per fare quello che vogliono fare e guardano inevitabilmente al maggiore indebitamento del paese.
Sul costo della vita, Kamala Harris ripete il solito refrain di sinistra del controllo da parte dello stato sui rincari, l’acquisto e la realizzazione di case da dare a chi non ce l’ha, oppure contributi per comprarla con un fondo di quaranta miliardi.
La risposta liberista di Donald Trump va in direzione opposta. Deregulation su produzione e commercializzazione: il mercato dà sempre ragione al lavoro. Incentivare l’energia prodotta in casa per non esser costretti alle gabelle di altri paesi. Solo così si abbassano i costi e si abbatte l’inflazione. Denuncia i sistemi stato-centrici annunciati da Kamala Harris come sovietici.
I due però sono sostanzialmente d’accordo sulla lotta dura senza paura alle merci che arrivano dalla Cina. Non a caso la presidenza di Biden, sostenuta come vicepresidenza da Kamala Harris, hanno sostenuto le sanzioni volute da Trump contro l’invasione merceologica cinese. Donald allora rincara contro il pericolo commerciale che arriva dall’Oriente: dazi generalizzati su tutto l’import. Arriva a prevedere dal dieci al venti per cento su tutti, ma contro la Cina al sessanta per cento!
Si capisce allora qual è il nervo scoperto dell’America. Tutto quello che non arriva dall’America e può modificarne profondamente la cultura. Ma forse è un virus che già arrivato considerando tanto illiberalismo da entrambe le parti.