Era chiaro che in concomitanza col passaggio del decreto al Senato dopo l’approvazione alla Camera si sarebbe scatenato l’inferno. La sicurezza, come il lavoro, consiste nel valore più importante per cui ha senso la politica rappresentativa.
In mezzo c’è il diritto a manifestare utilizzando anche misure estreme che il decreto vuole delegittimare ed in tal senso l’urto alla suscettibilità del sindacato. Ma soprattutto i partiti in piazza per dire “no ad un decreto che sarebbe peggiorativo del vecchio Codice Rocco” – parole del leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte.
Quindi, da una parte il timore di azzerare la libertà e il diritto a manifestare. Questo significa reati penali, quindi il carcere, per chi occupa strade, spazi pubblici e privati. Dall’altra l’introduzione di nuovi reati come quella di occupazione di abitazione al fine di rendere immediatamente esecutiva l’operatività delle forze dell’ordine.
Sono questioni fortemente complesse oltre che diverse tra loro dove la vera obiezione consiste nel fatto che non dovevano essere inserite nello stesso calderone. Ma nessuno degli opponenti evidenzia questo dato. Ciascuno il suo, ciascuno preso dall’affermazione della propria identità cercando la piazza come momento di ostentazione di sé per dire al proprio elettorato: “io ci sono e la battaglia la faccio”.
D’altra parte la frenesia da parte del governo di arrivare a dama su alcuni nodi sostanziali, dato che, dalla vittoria delle elezioni politiche, di effettivo in due anni esatti non è stato portato a casa niente di effettivo. Un governo di centrodestra o di destra-destra deve dire al suo elettorato di aver almeno stretto i cordoni della tolleranza davanti ad alcune ostentazioni di devianza sociale o di protesta.
In effetti è stato ripetutamente detto che nella più giusta delle manifestazioni di questo mondo non appare più tollerabile il fatto di impedire a persone impegnate nelle rispettive attività di muoversi perché è stato deciso il blocco del traffico.
Così come vero che il codice penale si deve svecchiare e affrontare i tempi nodali posti dall’emergenza delle nuove criminalità in cui l’occupazione delle case appare uno dei temi più stringenti.
Si tratta di questioni gravi e complesse per cui vorremmo vedere le Camere effettivamente a lavoro in una discussione faticosa ma proficua sui metodi per reprimere e prevenire, ma anche prevenire reprimendo. Vorremmo vedere tutto l’arco parlamentare a lavoro nell’interpretazione della configurazione dei nuovi reati e non dividersi a mo’ di schieramenti da guerra fredda fronteggiandosi inutilmente attraverso il clamore delle manifestazioni di piazza. Quelle vengano pure, ma come ultime, dopo un acceso e proficuo lavoro di analisi della società e individuazione sui nuovi strumenti per correggerne le degenerazioni.
Tutto questo nel nostro bipolarismo all’amatriciana non appare possibile. È importante decretare, da una parte, altrettanto, dall’altra, scendere in piazza. Ma l’italiano è contento?