Effetto elezioni americane. Biden vuole salutare gli americani con almeno uno dei due conflitti – lasciati in eredità al suo successore – risolti. Difficile quasi impossibile trovare una soluzione definitiva. Ma almeno un cessate il fuoco con le condizioni per riprendere una trattativa permanente tra paesi confinanti in cui il convitato di pietra, l’Iran, possa intervenire esplicitamente per trovare quantomeno una condizione di coesistenza tra i popoli.
Poi le asperità e l’astio che c’è, oramai incolmabile, durerà all’infinito. Ma almeno trovare soluzioni affinché i popoli non si facciano la guerra e peggio ancora coinvolgano degli innocenti.
Va detto anche che nella notte, l’ufficio del primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, aveva scritto, sempre su X, una rettifica in merito ai “resoconti errati” relativa al cessate il fuoco richiesto dagli Stati Uniti. Ed in effetti ad inizio settimana erano gli States a proporre il cessate il fuoco in Libano.
La risposta del primo ministro però arriva alle prime ore del mattino di oggi. E dice che “Israele condivide gli obiettivi dell’iniziativa, volti a consentire alle persone di tornare in sicurezza nelle proprie case lungo il confine settentrionale ed apprezza gli sforzi degli Usa in questo senso”.
Ma nel frattempo continuano a partire e arrivare missili lanciati dal Libano verso Haifa. Sono stati abbattuti, ma sono anche partiti. Segno di scarsa sensibilità al problema o voglia di non recedere in questa fase. Lo ha dichiarato Israeli Defense Forces. Sempre l’Idf fa sapere che “dallo Yemen lanciato un missile terra-terra”. Era un missile diretto al centro di Israele.
Si deve capire se le prime timide dichiarazioni distensive non siano altro che la continuazione di una guerra con altri mezzi oppure se all’avvicinarsi del 7 ottobre, quindi al primo anniversario di questo conflitto, si voglia provare a mettere la prima parola “fine”. Sempre nella laica certezza che l’astio col quale continueranno a riconoscersi questi popoli confinanti possa continuare ad essere governato con soluzioni che non prevedano il conflitto armato oppure la determinazione tesa all’eliminazione del popolo vicino.
Ed è in questo caso che alle parole convergenti sul valore della pace, bisognerà dare consistenza affinché questa pratica effettiva non diventi un’astrazione. Fare questo è possibile con la partecipazione e l’impegno forte di un altro paese intermedio a farsi da garante per entrambi. Dovrà essere equanime nel garantire i diritti di tutti. L’Europa, nonostante il grande impegno di alcuni stati (noi italiani compresi) non ha ancora l’autorevolezza a gestire un ruolo del genere. Sì, perché questo impegno deve andare oltre al sostegno umanitario – occupazione importante, giusta e onorevole.
Deve, in sostanza, sostenere l’onere di ciascuno al riconoscimento e al pieno rispetto nell’intero versante della scena in cui insiste la sua azione. Ed è questa intermediazione culturale il passaggio più complicato per la soluzione di questo conflitto.