Ieri, martedì, si è partiti a dispetto del famoso vecchio detto. La legge finanziaria ora va in discussione delle Camere ma il governo l’ha varata in quello che è il complesso delle priorità sulle quali intervenire. Tutti sanno che la Finanziaria consiste nel cuore della politica di un governo e addensa su di sé il momento massimo della discussione parlamentare. E di sicuro, anche in questo, caso non ci saranno eccezioni.
I trenta miliardi di cui consiste la manovra contengono misure per un incentivo alle nascite, pari a mille euro per coloro che sono dentro la soglia Isee di quarantamila euro. Contiene il bonus ristrutturazione casa pari alla metà dei costi. Contiene il cosiddetto “fringe benefit” per i neo assunti che per lavorare decidono di muoversi a più di cento chilometri da casa. E poi contiene i tre miliardi e mezzo destinati alla Sanità e derivati dai contributi di banche e assicurazioni. Il famoso taglio delle accise più volte richiamato nel celeberrimo sketch della giovanissima Giorgia Meloni alla pompa di benzina non ci sarà. E anche questo farà parlare e scrivere. In sostanza questa finanziaria fa lavorare un po’ tutti. Anche involontariamente.
Nella discussione presa sempre più a parametro la Sanità strumentalizzata a prova di spesa sociale. Dal taglio della spesa pubblica a tre miliardi in più per la Sanità per passare un ritocco sulle tasse che arriveranno di cui sono i molti quelli a cui la percezione sarà evidente sui propri conti. La discussione sulla manovra si avvia sempre piena di congerie per poi arrivare al fritto, lo stesso negli ultimi trenta anni: abbassare di qualche zero virgola il debito pubblico, mettere le mani in tasca a chi lavora tanto più a reddito certificato.
E per la revisione della macchina dello Stato, oramai elefantiaca, inefficace, inattuale per l’età della tecnica, non se ne parla.
I ministeri però dovrebbero essere tagliati per il “5%” delle loro risorse. Lo hanno detto all’Ansa fonti di governo. Nel frattempo si continua a limare e condurre una discussione estenuante tra rendite di potere poco disposte ad alzare i tacchi per considerarsi fuori tempo.
Il Consiglio dei ministri di ieri riunitosi alle ore 20 ha annunciato attraverso il ministro della salute Orazio Schillaci più risorse per la Sanità, pari “spero oltre i tre miliardi”. E spiega senza però poter entrare nei dettagli: “sicuramente ci sarà un incremento dei fondi rispetto al previsto. E soprattutto ho chiesto che siano destinati agli operatori sanitari”.
L’attuale situazione delle partite Iva in questi giorni impegnati nella decisione se aderire a un regime di prelievo fiscale che li lasci al sicuro dal faro di indagini della Finanza in cambio di denuncia che attesti la certezza di quanto si è guadagnato nell’anno in corso e nel prossimo, si evidenzia ancora più uno stato di diffidenza giunto a questa idea di una tregua armata tra contribuente evasore per vocazione e lo Stato impegnato a fargli tana.
Il clima di fiducia tra singolo e collettività organizzata in forma di ridistribuzione delle ricchezze non ha mai funzionato. Il primo ad avere il coraggio di svellere quel tacito sentimento di ribellione da parte di ciascuno fu Umberto Bossi negli anni Ottanta quando rivendicò il fatto che l’italiano medio, ma soprattutto il cittadino del nord, non aveva secondo quanto dato.