L’Italia, come tutti sanno, non ha votato la soluzione europea che prevedeva la possibilità di bombardare anche sul territorio russo uscendo dalla limitazione di usare le armi ad esclusivo fine difensivo. In questo modo è stata chiaramente buttata fuori dai giochi dei paesi d’Europa che invece hanno scelto questa soluzione indicata dagli Stati Uniti.
Si può fare molta letteratura confutatoria in proposito, ma la sostanza è questa. L’Italia di Giorgia Meloni, volente o nolente, balla da sola. E per farlo sceglie di aver preferito altri inviti come quello di Beirut col primo ministro Mikati. Ma anche col comandante italiano di Unifil, ad Amman con re Abdullah II.
Questo game è andato così ma la domanda che ci si fa è sul futuro dei rapporti con gli altri paesi che hanno deciso la difesa strenua dell’Ucraina anche a costo di impensierire il territorio russo.
Si richiama allora il parere dell’opinione pubblica che ascoltata si mostra sempre più scettica verso l’utilità di mandare le armi a sostegno dell’esercito di Zelensky e di una guerra sulla quale sono in pochi a sentirsi eticamente coinvolti.
Ma la scelta del coraggio non sempre implica il mantenimento di posizioni gravi come quella bellicistica. Ancor maggior forza ci vuole nel rischiare l’isolamento politico e diplomatico nel ribadire il rifiuto sistematico di entrare in conflitto dove c’è la possibilità che siano degli innocenti a pagare con la vita.
E allora al di là dei proclami e delle belle parole bisogna anche dire a chiare lettere a Zelensky che pare a tutti inaccettabile la condizione da lui posta di entrare nella Nato. Sarebbe vissuta dalla Russia come un’annessione allo schieramento avverso immediatamente ai propri confini. Ed è una condizione che anche solo formalmente non potrebbe mai accettare. Quando si siede a trattare si può chiedere di tutto ma bisogna essere anche ben consapevoli delle opzioni a cui si deve rinunciare. Quella della Nato è tra queste.
E non si dica che gli obiettivi si raggiungono per gradi e che innanzitutto si debba arrivare alla tregua del conflitto per poi arrivare alle condizioni di ricostruzione di identità e di agibilità dei due paesi. Siamo davanti a una guerra che – per fortuna o per iattura – può durare all’infinito e non si concluderà con la distruzione finale dell’uno a causa dell’altro.
È per questo che un elemento decisivo per fare deporre le armi deve essere rappresentato da una tregua basata su elementi di trattativa solidi in grado di ridare un’immagine ed una dignità ad entrambi. L’Unione Europea in questo conflitto potrebbe avere questo ruolo. Preferisce delegare le questioni decisivo, come fa sempre, all’America. Riunirsi tra i paesi solidali che votano isolando politicamente gli altri che non votano (noi).