C’è una tendenza ancora peggiore nel peggiore modo di essere cronista che è quella di essere giudice della Storia in atto. Si condensa qui la pretesa di essere formatore dei propri tempi con quella di dare giudizi con valenza politicistica. Un condensato di inadeguatezze alle quali non si poteva sottrarre la persona Giorgia Meloni alle prese con l’esperienza di essere presidente del Consiglio pro tempore.
“Non si è risparmiata” – ha detto, mettendosi in posizione di difesa. E non è a caso la disdetta dell’incontro coi giornalisti per celebrare proprio questo anniversario in concomitanza con la discussa questione albanese e il rientro degli immigrati per l’applicazione della sentenza europea.
Non si trova in un buon momento e probabilmente ha evitato di sottoporsi al fuoco di fila con domande infuocate su questa doppia impasse governativa dove si sono rilevati due conflitti. Il primo con la legislazione europea, il secondo con la magistratura. Ma entrambe non sono una novità nel nostro paese.
Al di sopra di polemiche del momento, giuste o giustificate dagli eventi in corso, questo governo sarà ricordato sicuramente per esser stato coerente a quello precedente di Mario Draghi di cui Giorgia Meloni rappresentava la fiera opposizione. Ha rappresentato, a dispetto di tutti gli allarmismi eurocentrici, il punto di continuità maggiore che nessuno poteva immaginarsi.
È riuscita a tenere i conti in ordine frenando le spinte demagogiche lasciando sostanzialmente inalterato il rapporto tra debito e Pil, cosa che di questi tempi consiste in un successo vista anche la crisi di altri paesi nell’Unione Europea.
È riuscita a gestire un ruolo di paese tutto interno alle alleanze internazionali accettando il bacio di Biden, aderendo al principio di sostegno all’Ucraina rifiutandosi però con presenza e personalità di accettare anche la condizione di utilizzare le nostre armi per contrattaccare la Russia.
È riuscita a mantenere una posizione di sostanziale equilibrio nel sostegno ad Israele per l’attacco del 7 ottobre ma ha invocato la fine delle belligeranze fino alla stigmatizzazione dell’offensiva presso la base Nato.
Nel nostro paese il suo governo si sostiene per il mantenimento di un tris costituito dai motivi forza delle tre grandi organizzazioni a sostegno: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Forza Italia vuole la riforma della Giustizia, la Lega vuole l’autonomia differenziata, Fratelli d’Italia il premierato. I tre motivi di coalizione sono in essere ma presuppongono una riforma costituzionale e per tanto avranno bisogno della conferma della popolazione chiamata a referendum per sostenere le riforme o per bocciarle.
L’altro vero scontro di classe consiste nel cambiare le regole per la formazione della Corte Costituzionale, trasformandola in uno strumento più vicino ad esigenze governative.
Sono queste le due grandi disfide in casa tali da determinare il verdetto della sua Storia politica. Ma per quanto riguarda la sua storia personale è stata comunque un successo.