Attaccato l’Iran da parte di Israele. Ora il conto è saldato per il governo oramai militare di Netanyahu. “Occhio per occhio dente per dente” (Exod., II, 21, 23)– come recita il famoso modo di esprimere la legge del taglione. Però la notizia può avere lo spiraglio positivo di aprire la dimensione della trattativa in attesa che tagli il nastro il nuovo presidente degli Stati Uniti.
IL quadro delle belligeranze si è completato e male se n’è fatto oltremodo. Il mondo può sperare che a loro basti per molto tempo perché qualsiasi mediazione non potrà durare in eterno in quel contesto così martoriato dal conflitto come sistema di vita.
Sappiamo che il bombardamento in Iran è durato tre ore. Sono state attaccate basi militari, sistemi di difesa aerea, impianti di produzione missilistica e lanciatori di missili terra-terra nei distretti di Teheran e di Khuzestan e Ilam partendo da Ovest. A dirlo sono fonti israeliane. Il New York Times parla di venti obiettivi colpiti. La spiegazione sta nel fatto che l’azione serve a consentire ai caccia israeliani di tentare un’azione in Iran.
Ma da un’altra fonte si sostiene che questo annuncio israeliano sarebbe un falso. Si tratta solo di “debole” attacco.
Tutti sappiamo che questa è una guerra soprattutto ideologica, oltre che di acquisizione di spazi, e come tale anche l’uso delle parole ha il suo peso.
E tra le parole, come le giustificazioni al perpetrare di una guerra che ha dato uno spargimento di sangue e vittime pazzesco (anche questo dato è molto incerto da dare perché controvertibile a seconda della fonte che lo evidenzia), debbono esserci anche quelle chiavi in grado di giustificare tanto e di trovare una chiusura a tanti eventi di morte.
L’intervento di un paese terzo, credibile, forte, autorevole, diventa un terreno di trattativa fondamentale per indurre i due contendenti a redimere i contenziosi militari in grado di sfinire definitivamente i due mondo contrapposti.
Mondi che per continuare ad esistere ed avere rapporti col resto del mondo debbono presentarsi come paesi liberi dalle conflittualità. Nessuno altrimenti entra come partner d’affari o come socio commerciale con un paese in eterno conflitto. E questo sarà l’argomento silente in grado di convincere i contendenti. Ma c’è sempre bisogno di qualcuno che lo pronunci.