Commissionare report per capire giri di soldi o anche la personale vita di personaggi in vista. Il fine è vario: capire per valutare il peso specifico della persona e quanti capitali muove, ma anche conoscere per ricattare.
Succede nella nostra realtà coi casi di autentici rapporti conoscitivi commissionati sul presidente del Senato Ignazio La Russa e sui figli oltre che sul senatore di Italia Viva Matteo Renzi, sull’ex sindaca di Milano Letizia Moratti. Indagato è l’hacker Calamucci con Beyond. Riuscivano a collegare i dati istituzionali all’archivio Sdi delle forze dell’ordine al Viminale.
E poi una miriade di altri persone e personaggi. Dati aventi una mole incredibile le cui finalità sono ancora ignote e su cui sta studiando la magistratura. Dossier che erano venduti a vari acquirenti.
Un caso anzi tanti casi sensazionali di cui pare però non si riesca a fare piena chiarezza e non riescono a guadagnare le prime pagine dei giornaloni importanti. E in effetti rischiano di decadere per interesse assoluto mentre sono il caso della nostra epoca.
Cosa succederà se oltre ai soggetti deputati a responsabilità pubbliche fossero intercettate persone comuni per ottenere riscatti in cambio della riservatezza dei dati trovati?
“Cosa farei io se i miei piccoli affari personali, privati, inaccessibili alla mia sfera di conoscenze, divenissero invece cosa di tutti?” … “Se fossi sottoposto a un ricatto cederei?” … “Oppure resisterei data la sostanziale poca consistenza del valore scandalistico delle mie cose segrete?”
Sono domande che chiunque può farsi. E sono interrogativi che troppo facilmente vengono liquidati con la considerazione della mancanza di rilevanza della segretezza per una persona comune. I segreti hanno un costo dettato esclusivamente dalle leve di potere esercitato dalla persona di cui sono oggetto. Poco interessa del il Signor Mario Rossi ha una relazione extra matrimoniale o se ha un conto bancario segreto per alcuni piccoli proventi illeciti. Interessa solo se il soggetto in questione muove grandi leve di potere e di interessi generali.
Ma essendo la dimensione della nostra personale vita legata alla rete e alla interconnessione di dati questo problema in effetti riguarda un po’ tutti.
L’interesse generale relega a poco più che gossip la notizia per cui esisterebbero delle agenzie in grado di andare a guardare negli spostamenti di economie da parte di persone influenti. Considerandolo un gioco di palazzo, una corruttela finalizzata all’estorsione o al ricatto politico, i più se ne sentono esenti.
Ma se i segreti sono violabili a commissione di qualcuno e applicabili su persone che sicuramente adottano filtri e cautele, tanto più l’ingresso nella personale vita di ciascuno può avvenire da chiunque abbia riferimenti con le fonti di ricerca giuste.
E allora può valere per saggiare la solvibilità di un’offerta di un partner commerciale nel mondo d’affari. (Lo si fa ma si finge di non saperlo). Può valere (e vale) per controllare l’effettivo stato patrimoniale di una famiglia con la quale si è in procinto di imparentarsi … Gli esempi se ne possono fare a iosa.
Su tutto deve emergere il concetto per cui ciascuno di noi è rintracciabile, visionabile, aperto in ogni sua attività sostanziale. E non si creda che l’anonimia della persona in questione sia una tutela in grado di tenere a lungo.
D’altra parte è forse quasi impossibile prevedere delle tutele che garantiscano a pieno sulla riservatezza. Significherebbe dare maggiore complessità ai sistemi e renderli troppo suscettibili, quindi vulnerabili per altro, dal soggetto direttamente intestatario dei dati.
La rivoluzione che anestetizza da questo problema per tutti potrebbe consistere nella proclamazione della fine della riservatezza. Ciascuno può essere visionato, osservato nelle sue anche più minuscole attività minimali da altri se ne fosse richiesta la trasparenza. Proclamare lo smantellamento della privacy.
Sapendo di essere, tutti, suscettibili di essere presi in esame e visionati si potrebbe attivare un calmiere automatico delle minuscole attività eversive in ciascuno. Sarebbe così il trionfo, la piena affermazione del Grande Fratello.
Ma, si ripete, la nostra condizione fattuale, in definitiva, non è molto diversa. Noi crediamo di agire con alcune tutele ma queste possono saltare immediatamente se sussistono degli interessi a sapere e conoscere. “Ma – si dirà – almeno sussiste il criterio criminoso di chi agisce in violazione alle regole di riservatezza”. Certo! Ma non consola il fatto che questo criterio non sia di alcuna efficacia per la prevenzione. Quindi tanto vale non averlo.
Anche perché qualsiasi cosa nel momento in cui può essere di facile accesso da parte di tutti diventa meno interessante.