Programmi televisivi nostrani dedicano memorabili “maratone” per seguire passo passo le elezioni. Prima fra queste nel mondo, le elezioni per il presidente degli Stati Uniti d’Europa. Perché – non dovremmo mai stancarci di dirlo – gli Stati Uniti sono un paese in cui le elezioni avvengono effettivamente e il sovrano di questa grande potenza non è investito da un polit burò. Non si tratta di elezioni farlocche in cui l’investitura è data.
Al momento di questa veloce scrittura non è ancora a conoscenza l’identità di chi ricoprirà le funzioni di presidente della repubblica americane. Alcune cose però si possono dire e si tratta del bilancio di come ha funzionato questa scricchiolante macchina della democrazia.
Sappiamo tutti che Kamala Harris ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Ha mancato l’appuntamento con la middle class, non si è investita dei problemi del popolo, ha cercato di entrare in sintonia sugli aspetti peggiori: quali il fatto di possedere un revolver ed essere pronta ad utilizzarlo qualora un ladro entrasse a casa sua. D’altra parte a lei si è chiesto il miracolo in un inadeguato Partito Democratico americano. Investita della candidatura solo il 21 luglio, qualora effettivamente il presidente ancora in carica Joe Biden avesse ottenuto l’accordo per la sua nuova candidatura staremmo a fare tutto un altro discorso. Trump non avrebbe avuto rivali, la vittoria del repubblicano sarebbe stata certa.
Trump ha fatto Trump. Non sono possibili conversioni, quando si arriva alla sua età, né il suo livello di popolarità consente di dare una versione, per così dire, modificata del suo stile. Si è rafforzato con due attentati andati a vuoto. Le ha sparate grosse. In testa a tutte quella degli immigrati che si nutrono di gatti e cani trovati per strada diventata un famoso hit nella musica commerciale. Questo per dire che anche la caricatura sarcastica su Trump concorre a rafforzarne l’immagine perché rafforza i suoi connotati e ne disperde il potenziale eversivo. Pare che gli americani abbiano dimenticato Capital Hill o almeno ne abbiano sfumato la sua responsabilità, altrimenti non sarebbe proprio riuscito a raggiungere nuovamente la candidatura. Del resto, secondo la narrazione trumpiana, nei cinque anni che precedono alla guida della Casa Bianca c’è stato un presidente abusivo perché la vittoria di Biden fu favorita da brogli elettorali. Stiamo parlando sempre di narrazione trumpiana. Ma è quello che molti americani vogliono ascoltare. L’idea di un presidente che pensi alla loro condizioni dando un poco di garanzie in più a quello spirito della prateria in cui vivono da quando sono nati e da un senso di precarietà profondo che manca a molti europei.
Trump riesce a parlare a questa gente. Kamala Harris no. Ma la lezione americana funziona anche in Europa dove i due fronti contrapposti si sono totalmente scambiati gli interlocutori sociali negli ultimi trenta anni.
Quelli che sono senza garanzie votano a destra, i garantiti votano a sinistra. Le elezioni, come dato sociale, servono a contare quanti ne sono da una parte o dall’altra. Almeno come sentimento di Sé.