Dopo la vasta letteratura sul Trump di lotta ora si inizia a scrivere qualche appunto sul Trump di governo. E la prima nota terribile coinvolge i molti detrattori progressisti perché il Trump di governo potrebbe piacerci. E allora sarebbero guai ancora più grandi per la stentata identità progressista ancora in piedi che deve rimettere insieme i pezzi, dopo aver fatto autocritica, e ricostruire un progetto e un’idea diversa di stato e di prospettive.
La prima prova effettiva è sui guai seri: le due guerre. Trump non avrà respiro. Diversamente da chiunque entri in una carica elettiva statale può decidere di esordire con qualcosa di demagogico che piaccia a tutti perché siano ricordati i primi cento giorni, una sorta di “cacio e pepe per tutti”. La cacio e pepe di Trump deve essere l’uscita dagli impegni militari indiretti nei due conflitti mediorientale e ucraino.
La prima investitura ricevuta è proprio dall’avversario di blocco. Vladimir Putin che scrivendo a Trump gli dice di essere favorevole al dialogo: “la sua iniziativa sull’Ucraina è interessante”.
Putin infatti ha parlato qualche giorno fa al Valdai International Discussion Club. Senza mezzi termini ha detto: “Collaborazione con ogni presidente americano che ha la fiducia del suo popolo”. E qui dobbiamo sempre setacciare la semiologia della comunicazione diplomatica in stile terzo millennio, oscillante quindi dal pecoreccio al linguaggio in codice tale da essere compreso da pochi.
Infatti Dmitry Peskov (una sorte di portavoce semiufficiale) aveva parlato di altre attenzioni a cui erano sottoposte attualmente le autorità russe. Ma la minimizzazione ha un perché. Significa non disattendere mai alle evoluzioni tecnologiche di cui la Russia è in grado per guardare alle prospettive di distensioni, quindi alle ipotesi o alle parole incerte.
Putin invece si congratula per la vittoria di Trump. (Fino a qui tutto normale, ci si congratula di prassi con il vincitore). Ma è entrato nel problema. IL presidente Putin ha detto esplicitamente: “quanto detto sul desiderio di ripristinare le relazioni con la Russia, per aiutare a risolvere la crisi in Ucraina, mi sembra che meriti almeno attenzione”.
Putin è disposto a parlarne. E se il Trump di lotta aveva detto che era decisivo ascoltare Putin, anche prima dell’investitura di Presidente, tanto più lo sarà il Trump di governo.
E c’è Zelensky che dorme preoccupato. E tanto! Senza armi Nato, cioè statunitensi, non va da nessuna parte. La difesa ucraina sarebbe interrotta all’istante. Ma sarebbe sicuramente una cattiva premessa per la richiesta di una distensione perché apparirebbe piuttosto come una resa incondizionata.
Sarebbe tutto questo un passaggio brusco per l’Unione Europea dall’adolescenza all’età adulta perché, in questo caso, la fornitura degli armamenti dovrebbe essere garantita solo dai paesi del nostro continente. E sarebbe come passare a un altro sport.
Può confidare invece, sempre il Trump di governo, nella consunzione naturale del conflitto in Medio Oriente perché deve essere chiaro sia a Netanyahu che ai leader degli altri paesi arabi, con le loro fazioni, che non si può continuare la guerra all’infinito. E allora la tregua servirà per continuare a guardarsi con diffidenza, pronti anche a riprenderla, ma senza l’attuale impegno bellicistico da entrambe le parti. Gli accenni a una temporanea distensione paiono dare qualche conferma a quella apparsa precedentemente come una pia illusione.