Fotografie di installazioni militari e informazioni su tecnici specializzati sui droni e sulla cyber security a fonti accreditatesi come russe. Consiste in questo macchinoso scambio tra dati per denaro che due imprenditori, uno milanese e l’altro romano, sono stati accusati di “corruzione del cittadino da parte dello straniero”. Questo è il reato per cui è stato rispolverato l’articolo 270 bis che persegue la fattispecie dove sussistano finalità di terrorismo eversivo. L’accusa in sostanza vuole dimostrare che i due dovevano catturare immagini sia a Roma che a Milano di strade e piazze nelle città. Quindi, mappare zone grigie di caserme e siti militari.
Erano stati contattati da uomini dell’intelligence russa. Il tentativo dei due era anche quello di proporre dash cam nei taxi milanesi. Si tratta di piccole telecamere installate. Si intendeva così arrivare alla “mappatura dei sistemi di videosorveglianza delle città di Milano e Roma, mostrando particolare attenzione alle zone grigie”. In altri termini si voleva scoprire quali zone della città erano peggio servite da punti di osservazione fornita da tecnologia video – sempre secondo l’accusa.
Se prima si diceva putiniano ad un assertore delle ragioni della Russia per eccesso di contumelia adesso sussiste il fondato sospetto che i putiniani, cioè coloro che agiscono per Putin, esistono e sono tra noi.
Secondo gli investigatori sussiste una base nell’alta Lombardia. Le indagini sono iniziate in aprile 2024 ed è partita dal controllo sulle cripto-valute. I contatti con la Russia sarebbero avvenuti attraverso Telegram. Ma non si è capito se in definitiva sono state vendute notizie di qualche rilievo o sei due fossero dei dilettanti allo sbaraglio.
Difficile stabilire, ora, quanto queste operazioni fossero di qualche nocumento all’integrità della nostra sicurezza, a cosa erano finalizzate, se non si tratta invece di un tentativo grottesco dei due di accreditarsi nella sfera di una certa importanza ai servizi segreti russi. Pare che fossero pagati in bitcoin, pare che abbiano intascato dalle operazioni diecimila euro.
Se, come detto, i due erano imprenditori – non si sa bene a quale livello – trattasi di dimensioni pecorecce di scambio.
Ma il dato, anche se minimale, fa ben riflettere sulle ingerenze della Russia negli affari nostrani. Tanto che quando si sente un libero pensatore difendere la causa di Putin ci possono essere sempre i sospetti che questo sostegno non arrivi proprio in modo disinteressato. Uno dei due pare fosse putiniano di convincimento. E poi diventato anche di emolumento.
Non sono nuove le cronache di elargizioni russe anche presso alcuni partiti che hanno fatto la storia del nostro paese e ancora la fanno. Tutto questo per dire che Putin è tra noi. E ad alcuni paga gli alimenti.