La scena che si apre nella commissione Bilancio in Senato è quella in cui la commissione deve votare. Un rituale sostanziale che si ripete ogni volta. L’atto è necessario affinché il testo, se approvato, vada in aula per la votazione di tutta la camera giurisprudenziale. Votare in commissione consiste in un atto propedeutico fondamentale perché garantisce i senatori che non hanno seguito la vicenda di quella determinata legge possano votare sulla garanzia del voto affermativo dei loro colleghi.
Stavolta in commissione si vota l’emendamento della Lega sul decreto fiscale. Si vuole ridurre il canone Rai confermando quanto già approvato precedentemente, quindi si tratta più esattamente della proroga degli attuali settanta euro in luogo dei novanta che diventerebbero.
C’è il parere favorevole del governo ma viene bocciato con dieci a favore e dodici contrari. La Lega si porta dietro quelli di Fratelli d’Italia, ma non quelli di Forza Italia. Del resto, lo aveva detto a chiare lettere.
Ma la legge è se non mi voti tu non ti voto neanche io. E la reazione non poteva tardare di molto. In tarda mattinata la maggioranza si è divide ancora. Stavolta è Forza Italia a proporre un emendamento sul problema della Sanità in Calabria. La Lega si astiene. Non ci sono quindi i voti necessari per far passare la modifica. Ma nel pomeriggio arriva l’approvazione in commissione Bilancio sul decreto fiscale. Il provvedimento sarà votato in aula oggi.
Sono questi i casi in cui si deve analizzare se trattasi di incidente di percorso oppure se il segnale consiste nell’evidenza di un malessere profondo. Forza Italia, gioco di parole, va forte sul fatto che aveva sempre detto che non avrebbe votato la conferma dell’abbassamento del canone Rai perché si muove su una posizione ferma di abbassamento delle tasse e questa diminuzione di venti euro sarebbe stata invece una partita di giro in cui il contribuente avrebbe comunque dovuto pagare.
Ma le questioni di sostanza stanno altrove. La Lega non tollera il clima di incertezza sulla sua legge di Autonomia Differenziata perché bocciata dalla Corte Costituzionale. Il futuro per la sua riapprovazione dopo l’adeguamento si fa molto incerto. Altrettanto insicuro il partito di Fratelli d’Italia sulla riforma del premierato che conferisce al popolo l’eleggibilità diretta al candidato per la presidenza. Sono i capisaldi che tengono insieme l’architrave del governo. Forza Italia ha invece la riforma della giustizia ma le forze che si muovono in converso superano quelle stesse volontà di maggioranza parlamentare.
Ed è il classico gioco in cui o si esce tutt’è tre soddisfatti oppure si va tutti a casa pensando a un diverso futuro per quel che sarà. Ci sono infatti movimenti per ricreare anche in sede l’atmosfera di intesa per una maggioranza stile Ursula Van der Lien. Ma per crearla dalle nostre parti Forza Italia si dovrebbe sdoganare dal centrodestra inventato da Berlusconi per dialogare con le sparute forze liberal democratiche con i campesinos usciti transfughi da Cinque Stelle e altre formazione, ma soprattutto da pezzi del PD. Riusciranno questi eroi a combinare le forze per creare un’entità di governo credibile?
Ai posteri l’ardua sentenza. Alle discussioni nei corridori parlamentari la differenza tra una prospettiva pragmatica o una fantasia da cronisti male informati.