Arrivata al terzo anno di legislatura, con una visione che si annuncia inoltrata per altri sette anni, stavolta ci si poteva aspettare dal governo in carica un colpo di reni. La rinuncia, cioè, al mantenimento di quel che c’è con piccoli ritocchi per rilanciare in una visione nuova di gestione di bilancio.
Nella Storia del secondo dopoguerra in Italia ha deluso la sinistra per l’incapacità di dare nella concretezza dei numeri un nuovo paradigma della gestione. Era lecito aspettarsi qualcosa di meglio dal governo di destra. Ma così non è. Si gioca coi numerini per non far male a nessuno. Escono i malpancisti ma in verità tutto è stato fatto per non dispiacere a nessuna classe sociale e nessuna gerarchia del nostro italico variegato mondo.
Si inventano nuove tasse per non ammettere che ci sono più tasse. Anche questa furbizia è antica. Il cosiddetto “impatto” in questa manovra, è di due decimi di punto per il prossimo anno. Ma di cosa stiamo parlando? Un’inezia.
Il grande lavoro invece consiste nella revisione dei conti pubblici e nello smantellamento di tanti pezzi di amministrazione pubblica nella nostra comune vita. Si è acclamato Milei ad Atreiu come nuovo emblema della destra ma qui altro che motosega! Si usano le forbicine per sfoltire il fogliame eccessivo nella giungla.
E anche sui tagli effettuati si è andati troppo cauti. Se è vero, come è vero, che i danni fatti dal bonus al centodieci per cento ha creato dissesti nei nostri conti, perché non toglierlo del tutto?
Si trovano coperture al cuneo fiscale che erano stati finanziati a debito. Quindi in disavanzo. Deduzioni, detrazioni, sconti fiscali … Si stabiliscono i tetti! Bene. Ma a queste forme regressive sarebbe stato meglio stroncarle piuttosto che perpetrarle?
IL nostro paese da tanto tempo ha bisogno di un ridurre la spesa pubblica. Altro che parole! Ma a sostenere questo è solo una minoranza sparuta che può dirlo perché sa di come le sue parole resteranno nella considerazione dei più. Buone per la letteratura parlamentare ma non per gli atti.
La destra avrebbe potuto cogliere questa come grande occasione di battaglia ideologica: superare la vecchia impostazione del più spendo meglio spendo perché aiuta a comporre la crescita. Il keynesismo de noantri per cui che ci fa trovare a millecento miliardi di spesa pubblica, sempre ad inseguire la media europea.
È arrivato il tempo di spendere con oculatezza e dare alla gestione della mano pubblica i crismi e criteri di una piccola impresa privata. Non è vero che fare debito e investire socialmente porta vantaggi sociali. Forse è stato così per tanto tempo ma questo tempo è finito.
Il momento invece consiste nel centrare le prerogative dello Stato che debbono essere di indirizzo e di certezza delle regole. E anche sui condoni e sull’incapacità di dare una fine a spese inutili bisogna avere metodo. Non limitarsi a dirlo e a non farlo. Non farlo mai!