Già le elezioni americane sono state uno psicodramma ad esito annunciato anche se non lo ha detto nessuno. Almeno, nessuno ha avuto il coraggio. Dopo aver riottenuto la presidenza degli Stati Uniti Donald Trump ha dilagato in una serie di considerazioni sul mondo relativamente a quello che dobbiamo attenderci negli anni in cui lui sarà presidente. E quanto detto non fa più parte della campagna elettorale e degli effetti clamorosi da dire per captare le attenzioni degli elettori. Cominciano invece a far parte della costruzione vera e propria della gestione.
Ma a fargli non esattamente da coro c’è Elon Musk, multimiliardario che ha spuntato un incarico dal nuovo presidente. Se ne guarda bene dal mettersi in ombra e anche se lo volesse quel che dice fa dileguare l’effetto d’ombra del verbo presidenziale.
Ce l’ha con tutti Trump. Ma procediamo con ordine. Ha detto: “la Groenlandia è un’opportunità che gli Stati Uniti non possono lasciarsi sfuggire”. Ce l’ha anche col Canada definendolo come “paese che approfitta della nostra generosità”. Si parla a Canada perché Europa intenda. E, altro che neoliberismo, si spolverano le vecchie idee protezioniste. Ma sulla Groenlandia la vecchia idea che esce grattando grattando (e neanche tanto) consiste nell’annessione di questo grande avamposto del nord della Terra. Ma a rendere disturbata anche solo questa idea c’è la consapevolezza che questa parte della Terra è già oggetto di grandi investimenti da parte della Cina e della Russia.
Ma c’è anche il Canada: “un vicino che approfitta di noi”. E deve essere proprio un’idea fissa! Ma a ben vedere tanta franchezza fa riferimento proprio alla vecchia idea di innalzare al cinque per cento del prodotto interno lordo il costo che ogni paese deve pagare per restare nella Nato. ‘ La vuoi la difesa – sempre dire Trump – E allora te la paghi! ‘
La sua eminenza grigia, Elon Musk, invece non conosce campi privilegiati. La mente ispirata esterna su tutto e tutti. E manda dichiarazioni su dichiarazioni in tutto il mondo. In questo modo ottiene il sicuro effetto di non essere rintracciabile in una posizione precisa. Ha stigmatizzato come “ostacolo all’innovazione” le politiche italiane di gestione del lavoro. Lamenta lentezza nel rito di approvazione di innovazioni tecnologiche. Se la democrazia ha i suoi tempi, la crescita, lo sviluppo non li ha. Mentre da una parte finalmente decidono da un’altra oramai già fanno. Ed è intuitivo poi chi abbia la meglio sul mercato. E sempre sulla nostra politica e sulla necessità di sbloccare gli investimenti: “Se l’Italia vuole competere, deve semplificare le regole e incentivare il capitale di rischio”. Interviene anche sulle “irrealistiche” tempistiche del progetto di abbandono del carbone entro il 2038. Ma qui ce l’ha con la Germania. Se la prende con l’Unione Europea invece quando dice le nuove normative sui contenuti digitali e l’intelligenza artificiale, sono “eccessivamente restrittive”.
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Ma la considerazione più bella consiste che ciascuno di noi ha pensato almeno una volta una di queste cose senza osare mai di leggerle su un giornale come dichiarazione di una persona di potere. La specificità di Trump e Musk invece sta in questo. Che siano loro i vincitori del premio ex aequo? Anche in questo sarebbero innovatori. Ma probabilmente a ciascuno dei due non piacerebbe.