È un rincorrersi l’un l’altro tra il trittico dei principali giornali italiani rappresentativi magistralmente della cultura che guarda a sinistra – La Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera – il guardare all’anno in corso come costituito dal ritorno delle grandi battaglie per la libertà.
La questione trae fondamento, in verità, non solo per le connotazioni politiche vere e proprie. Il problema è stato costantemente rilanciato nel main stream riferendosi ai grandi centri di controllo costituiti dai sistemi di comunicazione utilizzati normalmente da tutti. Più volte citato The Big Brother come riferimento letterario ottimale per indicare chi aveva anticipato a quella capacità del potere di controllare il pensiero di ciascun cittadino.
Il controllo e la consapevolezza del controllo sarebbero così la premessa fondamentale per l’auto-restringimento di ogni facoltà di azione. E il paradosso sarebbe proprio nel fatto che proprio in questa fase in cui su un Social ciascuno può rendere pubblica una sua considerazione estemporanea mettendo a nudo la propria istintualità comunicativa, proprio in questa fase la libertà sostanziale è fortemente limitata.
Una ragione effettiva però si potrebbe cogliere anche nell’abbassamento del valore d’acquisto delle remunerazioni che limita fortemente la possibilità di azione da parte di buona parte della società concreta. E si tratta sempre del lato più concreto, materiale, reale del problema che non si prende in considerazione. La parte teorica sembra essere preferita perché non va a puntare il dito su responsabilità precise.
E restando nella sfera teorica i grandi maestri del Seicento che hanno trovato effettivo fondamento sul concetto di libertà inteso sotto diversi aspetti – Hume, Locke, Berkeley, Spinoza – hanno unanimemente inteso come la pratica applicazione, nell’opera di superamento dei suoi limiti, riconosca la libertà come una dimensione molto elastica, tale da trovare l’estensione posta dalle more della società concreta. Ma anche dai limiti che il soggetto pone effettivamente a sé stesso.
Confusa con un altro sacro diritto consistente nella democrazia, la libertà ha avuto dal secondo dopoguerra un ruolo di ancella: buono per essere rivendicato a parole, difficile da dimostrare nella sua effettiva pratica. Con faciloneria si è sempre inteso garantito nell’ambito della garanzia in cui il popolo vota e sceglie. In questo ambito di cose sarebbe garantita la libertà. Ma così non è. O almeno non semplicemente.
Oggi che il popolo avente voglia di esprimere il suo voto lo fa guardando alla destra, non si può parlare di attacco alla democrazia. Si fanfaluca, allora, un vago e confuso appannamento della libertà. Potrebbe anche essere. Saremmo tutti disposti ad affrontare questo corno del problema. Ma includendo un’agibilità delle scelte nel senso in cui si diceva in apertura.
Buona libertà
E buon inizio!