Prova di autonomia dagli americani. Qualsiasi governo italiano che superi un annetto di durata presto o tardi, in vari modi, è puntualmente richiamato a questo importante uffizio: seguire le “indicazioni”, le richieste, che arrivano dal mondo stelle e strisce. Mediamente i governi italiani di tutti i colori si comportando come vassalli. Craxi sul caso Sigonella fece eccezione e sappiamo come andò a finire anche nelle note di appendice di fine narrazione.
Questo per dire che se non si entra in certi diktat velati inevitabilmente ci scappa il fattaccio per cui il governo in carica di turno è informato di tutto.
Sul caso Cecilia Sala arrestata a Teheran e ingiustamente detenuta su fumosi capi di imputazione, il governo dovrebbe comportarsi come deve. Risolutezza. Scegliere una linea di apertura o di fermezza. Se si sceglie la fermezza a pagare il conto potrebbe essere la giornalista. Quindi inevitabilmente si propende per la linea di apertura.
Non sappiamo quale reale fondamento abbia la nota per cui un elemento di trattativa possibile potrebbe essere quella dell’ingegnere arrestato in Italia su ordine degli americani perché esperto di tecnica militare sui droni e possibile elemento di intelligence dei servizi segreti iraniani. Nessuno sa quanto sia vera ciascuna di queste cose che sono state battute e ripetute su tutti i notiziari italiani.
Detto questo, se questo fosse vero, dovrebbe essere verificato immediatamente se si tratta di merce di scambio interessante per le autorità giudiziarie iraniane. In caso affermativo trattare senza infingimenti. Inutile altrimenti richiedere “garanzie totali sulle condizioni di detenzione di Cecila Sala” e la “liberazione immediata” della giornalista italiana. A quale titolo? L’ambasciatrice a Teheran Paola Amadei ha un bel da fare e dire nei confronti del governo iraniano. Non ci sono capi di imputazione certi sui quali lavorare legalmente per tentare di scagionare la giornalista. Non si conosce se effettivamente l’ingegnere arrestato possa consistere in una base di trattativa possibile con le autorità iraniane. Ed è anche difficile stabilire quanto questo vuoto di comunicazione sia dovuto alla nequizia dell’informazione che non riesce ad avere aggiornamenti veri o quanto invece il tutto sia dovuto alla blindatura delle autorità iraniane.
Un episodio semplice che deve comunque far riflettere sulle grandi differenze tra un sistema (il nostro) e un altro.
Ma non è il tempo di riflessione. Dovrebbe essere il tempo del fare, del trattare, del discutere. Ma è silenzio. Passano solo le pietistiche notizie sulle condizioni di prigionia di Cecilia Sala. Ma un messaggio è stato dato, chiaro e netto: “i tempi e le modalità di detenzione della cittadina italiana Cecilia Sala saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della repubblica italiana”.
Ma assieme al tempo dei proclami dovrebbe esserci il luogo delle iniziative. E senza infingimenti la direzione di manovra per sollecitare la questione è solo una. Intende essere intrapresa?