Una ritorsione per il fermo di Abedini, l’ingegnere iraniano ritenuto autore di tecnologia bellica a supporto dei droni. Si ripete essere questa la motivazione profonda dell’arresto di Cecilia Sala in Iran. Ma, si ripete, non c’è una relazione dichiarata da alcuna autorità di Teheran che conferma questa tesi data per acclarata da tutti.
Si tratta di una versione sicuramente credibile ma da questo costruire un castello di ipotesi per lavorare su margini di trattativa atti a convincere le autorità iraniane a liberare Cecilia Sala, ce ne corre.
Giustamente sarebbe il momento in cui tutti noi dovremmo fare silenzio. Ma anche questo non si capisce bene come potrebbe giovare la giovane giornalista nel carcere iraniano.
Non si capisce nemmeno perché dover silenziare manifestazioni di protesta spontaneamente createsi nel nostro paese per evidenziare l’attenzione del popolo italiano su questo caso. Un modo per non delegare la trattativa a mani che finora non hanno prodotto risultati né mostrano grandi prospettive di raggiungerli.
E allora l’invocazione al silenzio, a ben guardare, comprende il referendum che subito scatta automatico in un paese come il nostro: favorevole o contrario alla trattativa in cui il termine sia la liberazione dell’ingegnere arrestato? Referendum insensato perché conferma una verità data per acclarata che invece deve essere affermata da almeno una delle autorità iraniane.
E anche se fosse, un tema di questo genere non può essere inserito in un argomento di preferenza popolare. IN mezzo qui ci sta, come abbiamo precedentemente detto, il rapporto con gli americani e quanto ci sentiamo in dovere di rispondere ai loro diktat.
Ma sopra a tutto c’è la comprensione di quello che effettivamente vogliono le autorità iraniane da noi, se effettivamente c’è una posta o dei desiderata a cui dovremmo rispondere. Tutto questo è oscuro o meglio segreto. E forse al fine di una serena trattativa è bene che continui ad essere così.
Da qui però a chiedere il silenzio stampa ce ne corre. Spegnere i riflettori su una vicenda che coglie l’attenzione di tutti per gli evidenti elementi di abuso della propria autorità nel territorio sarebbe fare un regalo che non sappiamo quanto potrà tornare a favore per la libertà di Cecilia Sala.
Più immediatamente si tratta di una vicenda che crea tensione e tremore perché ci si cala nei panni della giornalista e d’altra parte non arrivano dei segnali così incoraggianti da parte delle nostre autorità, prima fra tutte quella del ministro degli Esteri in persona. Matteo Renzi nel dibattito che ne è seguito è stato inclemente con Antonio Tajani ma è l’unico ad aver detto quanto si evidenzia in modo chiaro. Ma è anche vero che non è questo il momento per dividersi in attestazioni di merito o critiche sui rispettivi operati.
La posta in gioco è il ritorno di Cecilia Sala allo stato di libertà. E fare questo deve essere realizzato con qualsiasi modalità da mettere in campo. Inserendo però il caso, una volta risolto, a futura memoria.