Lavorare al riparo dei riflettori dell’informazione potrebbe tradursi nel rendere facile l’operatività di effettuare delle trattative parallele e convergenti. Da una parte si gioca il ruolo di coloro che seguono diligentemente i diktat americani e si arresta Abedini anche su un capo di imputazione fumoso come quello di aver progettato i droni che consentirono l’attentato letale per i tre soldati americani.
Dall’altra parte si garantisce alle autorità iraniane il rilascio dell’ingegnere cercando di accelerare le pratiche per liberare la nostra Cecilia Sala.
In mezzo c’è un intreccio costituzionale. Come può un organo esecutivo operare in sede giudiziale scavalcando le decisioni della magistratura? Magistratura che in effetti fino ad esso si è comportata da copione. All’ingegnere non possono essere riconosciuti gli arresti domiciliari perché darebbe troppo l’idea di trattativa in atto e di apertura evidente al governo dell’Iran.
In effetti bisogna mostrare di essere determinati sia agli americani che agli iraniani. Ma in contempo ad entrambi evidenziare le proprie disponibilità a trattare e ad accordarsi con l’obiettivo unico del rilascio di Cecilia Sala. Anche perché, cinicamente, qualsiasi effetto indesiderato da questa prigionia andrebbe a ridosso della credibilità del governo in carica. Quindi, si ripete, è il governo ad essere sotto giudizio. Non Cecilia, né Abedini, né tantomeno gli abusi iraniani o americani.
Secondo l’articolo settecentodiciotto del Codice di Procedure Penale le misure cautelari possono essere revocate qualora ne faccia richiesta il ministro della giustizia in persona. Ma dovrebbe ben motivarlo e suonerebbe come un vulnus di quelli ultra celebrati nei confronti dell’autonomia della magistratura. E poi quale argomentazione utile adottare se non quella dell’opportunità tale da rendere maggiormente agevole la trattativa per il rilascio dell’ingegnere iraniano?
In mezzo a questi tempi delle decisioni e delle responsabilità c’è il tempo di Cecilia Sala in prigione. Le debbono essere concesse immediatamente almeno condizioni migliori di quelle finora conosciute. Il fatto che sia trapelata la notizia del suo stato fa supporre un livello di interlocuzione avanzato con il carcere e le autorità iraniane. (Si dubita del fatto che a Cecilia Sala sia stato concesso liberamente di parlare del suo stato di detenzione, come ci viene raccontato).
Quindi c’è da supporre che sia avanzato uno stato di trattativa che per l’obiettivo di liberazione della nostra giornalista non deve avere limiti, ma anche di conoscenza pubblica di quanto sta avvenendo. Si dubita e di molto sulle ragioni per cui viene chiesto un silenzio stampa. Ragionare o informare su quanto sta avvenendo non può rappresentare nulla di ostativo sulla sostanza di questa operazione. Se non per il fatto che deve attenuare la circostanza per cui si dovrà dire di no agli americani e gestire il prigioniero Abedini come elemento di scambio per l’ottenimento della libertà di una nostra connazionale.