Dal 20 gennaio ci troveremo davanti un interlocutore americano del tutto nuovo. Donald Trump si annuncia diverso anche da presidente del primo mandato. Pare avere urgenza a sistemare il paese come lui ha nella testa e non ammette fasi intermedie. Innanzitutto togliersi dalle scatole i due conflitti. E in caso di mancato successo disoccuparsene totalmente.
Ma mentre per il Medio Oriente il lavoro è più difficile ed ha bisogno di diverse fasi, in Ucraina l’argomento è breve. Smettere di inviare armi, parlare direttamente con Putin, accettare le condizioni che arrivano considerando quel che viene come conquistato da uno stato di grazia arrivato per via dell’aiuto stelle strisce: non essere stato totalmente invasa e vittimizzata deve essere un risultato apprezzabile per l’Ucraina.
In mezzo, chiaramente, debbono rinunciare al Donbass, all’idea di entrare nella Nato e cessare con la fase delle sanzioni alla Russia.
Delegato del non-ancor-presidente Trump è il generale Keith Kellog e il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dato piena disponibilità.
Ora si sta preparando il tavolo di gioco. Immediatamente dopo l’insediamento inizierà questa sede di trattativa. Ma non è detto che piaccia del tutto a Zelensky. Ma soprattutto probabilmente non piacerà a noi europei che potremmo trovarci col cerino in mano essendo l’ultima concentrazione dell’Occidente a sostenere militarmente l’Ucraina. Il rischio grosso consiste nel trovarsi diplomaticamente scoperti, davanti a una decisione di fatto in cui abbandonare l’Ucraina alla sua resistenza oppure continuare nella sua strenua difesa con ridotte disponibilità.
Sempre in merito ai tempi di decisione lentissimi da parte dell’Unione – più volte citati in merito al problema della difesa satellitare – si dovrà prendere una decisione prima che le decisioni di Usa e Russia siano prese mettendo tutti gli altri attori davanti al fatto compiuto.
C’è poco da discutere con personaggi come Putin. Si ripete, le condizioni sono: 1) ritiro completo delle forze ucraine nelle aree in cui i russi hanno messo piede; 2) rinuncia ucraina di adesione alla Nato; 3) neutralità dell’Ucraina dai blocchi; 4) fine delle sanzioni nei confronti della Russia.
Zelensky risponde a distanza in una dichiarazione trasmessa in Rai: ”vogliamo la pace più di tutti quanti, stiamo perdendo più di tutti, ma prima di mettersi d’accordo su qualcosa dobbiamo definire le garanzie serie di sicurezza per l’Ucraina e per l’Europa”.
Ma è anche vero che l’amministrazione di Biden ha deciso per cinquecento milioni di dollari in aiuti militari all’Ucraina. Più nuove sanzioni contro il settore energetico russo. Ce n’è abbastanza per far durare la guerra ancora un po’. Ed è per questo che l’Unione deve prendere il boccino e farsi parte dirigente di questa trattativa. Prima che i soldi di questo ultimo aiuto finiscano e gli ucraini si trovino senza armi, senza difesa e noi senza argomenti.