Fin quando il ritardo dei treni è una notizia da prima pagina sui principali giornali italiani vuol dire che il tutto è una buona notizia. Questo per due ordini di ragioni. La prima è che non sussistono problemi, questioni, fatti più gravi e di primaria importanza. La seconda perché se il ritardo si configura nell’eccezionalità vuol dire che siamo nell’aspettativa della funzionalità. Ed essere nell’aspettativa della funzionalità credere profondamente nell’organizzazione dell’umanità, nella tecnologia, nel fatto che il trionfo dell’età della tecnica sia qualcosa di vero, accertato, apprezzabile, per cui le eccezioni fanno muovere un giustificato malumore.
Il dato è che il traffico su ferrovia negli ultimi anni è fortemente aumentato. La gente preferisce il treno per andare da Roma a Milano, rispetto all’aereo. Ma soprattutto che ci sono molte persone che debbono muoversi spesso per ragioni di lavoro. Tutto questo ha obbligato a un’intensificazione del traffico in rete favorito dai grandi progressi in sede di organizzazione tecnologica. Questi passi in avanti però non sono ancora sufficienti per stare tranquilli nel confidare sull’orario di un treno e quindi per l’arrivo a destinazione.
Ci dice Ferrovie dello Stato attraverso l’Ansa: “La circolazione ferroviaria è in graduale ripresa nella stazione di Roma Termini dopo la disconnessione degli impianti che gestiscono la circolazione”. Il caso eclatante infatti riguarda l’autentico caos creato a stazione Termini martedì 14 gennaio. Sempre da Ferrovie dello Stato si assicura: “I treni a media e lunga percorrenza hanno subito variazioni di percorso e i treni del trasporto Regionale hanno subito ritardi, variazioni e cancellazioni. Informazioni su Infomobilità di Rfi e delle imprese ferroviarie”.
La questione è quindi concentrata sul fatto che l’intensificazione dei movimenti dei treni ha comportato la maggiore occupazione della rete ferroviaria. In questo contesto è sufficiente un granello che inceppa una parte del meccanismo per andare di conseguenza a complicare tutta il complicato e delicato meccanismo di avvicendamento di corse in carrozza.
L’occasione potrebbe essere propizia per generare un grande investimento per dare alla rete ferroviaria un altro grado di efficienza e di interconnessione. Un piano nazionale sul quale concentrare l’attenzione del governo in carica e dei governi che immediatamente seguiranno. Perché questo è il nostro futuro. Sempre maggiore connessione tra persone, professione o semplici esigenze di relazione. Ed è una grande domanda a cui si deve dare una grande risposta. Bisogna darla.