C’è una vecchia narrazione da aggiornare. Si tratta del continuo bisticcio tra noi italiani e i francesi che finisce sempre con alterne fortune per i due paesi. Tutto è cominciato quando il presidente del Louvre, Laurence des Cars (in foto a sinistra), ha indicato alcune criticità sulla garanzia dello stato manutentivo del capolavoro di Leonardo. Lo ha fatto pubblicamente in una lettera pubblicata su Le Parisien e indirettamente rivolta al ministro della Cultura francese Rachida Dati (in foto a destra).
Immediatamente si è aperta la gara per ottenere il gioiello del Rinascimento in dotazione per un periodo di tempo tale da consentire al Louvre di sostenere interventi manutentivi.
Tra le proposte anche quella della Regione Lombardia che si è candidata con una nota dell’assessora regionale alla Cultura Francesca Caruso. Quindi, due donne (il presidente del Louvre e la ministra francese), un oggetto del contendere rappresentato dalla raffigurazione di una donna, e un’altra donna che rincorre (l’assessora lombarda).
Prima che si scatenino le polemiche a mestiere, come solo e specialmente in Italia si sa fare, proviamo a notare qualche innovazione nel metodo. Il presidente del museo più famoso del mondo sente il dovere di far pubblicare una lettera sul giornale. La nota, infatti, non attiene a una corrispondenza riservata tra grandi enti: il museo più importante della Francia e il ministero della Cultura. Probabilmente si tratta di una fase già sperimentata ma infruttuosa. Il presidente del Louvre si sente di dover rendere pubblica questa drammatica possibilità: il capolavoro di Leonardo potrebbe rovinarsi continuando a stare in quella posizione. Gli va cambiata collocazione. Bisogna trovare una soluzione. Un gioco di rimpalli di competenze ed opportunità non è consentita. Si tratta di una delle immagini del mondo.
Subito è bagarre sulle proposte. Gli italiani che si sentono i primi della classe e fanno sapere di voler partecipare alla gara, quasi avessero una sorta di diritto naturale. (Ma la Gioconda fu venduta dallo stesso Leonardo al re di Francia e probabilmente largamente realizzata in terra francese).
Qui prima di stabilire criteri e garanzia di gestione c’è da notare la novità di un metodo. Due donne protagoniste, anzi tre: la terza è Monnalisa. Da una parte Laurence des Cars che fa un discorso pubblico, apre al mondo ed mostra una parte scoperta molto delicata e inammissibile. Dall’altra la ministra Rachida Dati che tiene sottobanco il problema tanto da informarci attraverso una lettera trasmessa non da lei.
Il problema di credibilità nazionale avrebbe dovuto risolverlo lei, la ministra. E invece è il presidente del Louvre ad informarci.
In mezzo ora ci sta tutto. Probabilmente La Gioconda non arriverà in Italia. Siamo gli ultimi a cui la consegnerebbero per l’invidia atavico nei confronti dal Rinascimento e per i nostri artisti. Probabilmente potrebbe volare per un paese arabo e consentire al Louvre di acquisire molte risorse per il restauro. Probabilmente il presidente del museo ha trovato il modo di non far fare una figura peregrina ai francesi, così come è successo per le discutibilissime Olimpiadi a Parigi.