Vi sarete sicuramente chiesti il motivo per cui Giorgia Meloni oggi non apparirà in Parlamento e affiderà la spiegazione dell’operato del suo governo ai due ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, rispettivamente alla Giustizia e agli Interni.
Giorgia Meloni si sottrae alla gazzarra nella quale vorrebbe coinvolgerla l’opposizione esaltando la sua ars oratoria che ha nel popolo e nelle concretezze la sua scuola. Sempre la minoranza vorrebbe vederla alle corde abbarbicarsi in argomentazioni apparenti, oppure sfoderare la già citata “ragion di Stato”. Se così facesse sarebbe un errore imperdonabile perché la ragion di Stato può essere un giustificativo etico che consente a chi governa di operare in un certo modo, con grande segretezza, con metodi o soluzioni discutibili. Ma la ragion di Stato dirime ogni dilemma morale.
Oggi l’argomento della ragion di Stato sarebbe tardivo e improbabile davanti a una questione controversa e discussa.
Ma il motivo per cui Giorgia Meloni non ci sarà e dal canto suo fa bene a non esserci, consiste nel fatto che la questione in materia non ha riguardato espressamente una sua decisione, non ha rispecchiato una sua volontà documentabile.
Tutti noi abbiamo visto come in questi mesi “la presidente” del Consiglio sia stata impegnata in ogni dove, ma sempre fuori dall’Italia, sempre in grandi operazioni diplomatiche, sempre in rappresentanza di problemi più grandi riguardanti pur sempre e comunque il nostro paese. Questo comportamento ha evidenziato la volontà deliberata di disoccuparsi delle querelle tutte nostrane per cercare di stare al di sopra di responsabilità dirette e gestire un ruolo più autorevole. L’occasione gli si è presentata propizia davanti al fatto della crisi dei governi in carica nei paesi europei, ma anche e soprattutto con la vittoria di Donald Trump che l’ha eletta sua naturale interlocutrice preferenziale nel vecchio continente. Il ruolo Meloni lo ha preso appieno e ne abbiamo visto i risultati con il rilascio di Cecilia Sala.
In questa situazione probabilmente Giorgia Meloni deve vedersela con la controreazione degli altri governi ma anche dei governi sovranazionali. La vicenda del famigerato Almasri che se ne va indisturbato per l’Europa, viene addirittura fermato e subito lasciato andare, entra in Italia va allo stadio a vedere la Juventus e subito dopo arrestato fa fare diverse connessioni. La prima è quella per cui pensava di agire in modo assolutamente indisturbato ed era sicuro, quindi, della sua impunità. La seconda è che si è aspettato che entrasse in Italia per spiccare il mandato di arresto per sfilare la “patata bollente” alla presidente del Consiglio italiana che fa la prima della classe in Europa.
Sono argomentazioni, queste, che non possono essere dette in sede parlamentare. Ma anche nei tempi e nei luoghi rocamboleschi della decisione, in cui appare un mandato di arresto in inglese – e già sussiste un errore di forma per il nostro ordinamento – la questione viene ballottata tra i due ministri, si decide per il vizio di forma per sciogliere l’arresto. Ma non si scegli di arrestarlo successivamente in una formula corretta. Si rispedisce in breve a casa con un aereo di linea. Si tratta di soluzioni pasticciate che nessuno avrebbe saputo se non fosse uscita la notizia sul quotidiano Avvenire. Ma come hanno fatto questi solerti giornalisti a sapere tutto questo se non c’è stata un’imbeccata da parte di qualcuno che voleva si sapesse e voleva fare entrare questo governo, così solerte e primo della classe, in difficoltà?
Ma non si possono dire queste cose in battuta libera in una seduta parlamentare. Meglio accettare la gazzarra, dare la tribuna all’opposizione che si rammarica per non avere la diretta televisiva. E poi passerà anche questa storia.