Ogni 25 marzo celebriamo il Dantedì, il giorno in cui, secondo la tradizione, ebbe inizio il viaggio ultraterreno narrato nella Divina Commedia. Eppure, Dante Alighieri non merita di essere ricordato una sola volta l’anno. Il suo verbo è eternamente attuale, il suo genio ha modellato la nostra lingua, il suo sguardo ha squarciato il velo delle miserie umane e illuminato i vertici della sapienza. Dante è insomma imprescindibile: un compagno di viaggio che ci conduce attraverso l’Inferno delle nostre debolezze, il Purgatorio delle nostre speranze e il Paradiso delle nostre aspirazioni più alte.
Dante, il pilastro della nostra civiltà
Senza Dante, la lingua italiana, così come la conosciamo, non esisterebbe. Egli ha infatti ha donato al volgare dignità letteraria, elevandolo a strumento di verità e bellezza. Inoltre a lui si deve il merito di aver reso la parola un’arma affilata contro l’ingiustizia e, al contempo, un ponte verso l’assoluto. E non è stato solo un costruttore di lingua, ma anche un rivoluzionario del pensiero. Senza di lui, persino Shakespeare—altro titano della parola—non avrebbe avuto terreno fertile su cui edificare la sua grandezza.
Tuttavia Alighieri non è solo poeta, ma un vero e proprio giudice della storia, fustigatore dei costumi, uomo che ha saputo convertire l’esilio e il dolore in un’epopea universale. Le sue invettive contro la corruzione, l’avidità del potere, la bassezza dell’animo umano risuonano ancora oggi con un’attualità sconcertante.
La sublimazione dell’amore: l’essenza dell’esistenza
Tra le innumerevoli perle della Commedia, oggi ci soffermiamo su questi versi:
“Ché dentro a li occhi suoi ardeva un risotal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondode la mia gloria e del mio paradiso.”(D.C. Paradiso XV)
La visione di Beatrice è il culmine dell’ascesa dantesca: un sorriso che arde, un riflesso dell’assoluto che si sprigiona attraverso lo sguardo dell’amata. Qui l’amore si fa conoscenza, vertice dell’esperienza umana e divina. Beatrice è guida e redenzione, la bellezza che salva, il tramite tra l’uomo e il divino.
In un’epoca dominata dal disincanto, dalle passioni effimere e dalla superficialità dei sentimenti, queste parole sono un monito: l’amore autentico non è possesso, non è mera emozione fugace, ma un’ascesa, un cammino verso la verità più alta. Così come Dante si eleva grazie a Beatrice, noi possiamo elevarci attraverso la cultura, la bellezza e la ricerca del significato ultimo della nostra esistenza.
Dante e il nostro tempo: un monito inascoltato
Riflettendo sul Sommo Poeta, è impossibile non riflettere sullo stato attuale di crisi : politica, ambientale, morale. Il mondo è percorso da conflitti, da ingiustizie, da un’irrefrenabile corsa verso il profitto e il consumo. Dante, con la sua lucida ferocia, avrebbe saputo inchiodare i responsabili ai loro gironi infernali: i traditori, i seminatori di discordia, gli usurai, i falsari di oggi. Eppure, la sua opera non è solo condanna: è anche speranza, redenzione possibile, ricerca di un equilibrio superiore.
La sua visione dell’amore e della giustizia ci invita a non cedere alla rassegnazione. Il suo metafisico viaggio ci insegna che la caduta non è mai definitiva, che ogni peccato porta con sé la possibilità della salvezza e che la bellezza e la conoscenza sono ancora le uniche armi contro il buio dell’ignoranza e della barbarie imperanti.
Sia quindi avvertito il lettore: Dante non è un simulacro del passato. È un pensatore vivo, un maestro ancora da ascoltare, un profeta che attende di essere riscoperto. Celebriamo il Dantedì, ma non releghiamolo a un rito vuoto. Rendiamo ogni giorno degno della sua lezione, perché solo attraverso il Sommo possiamo toccare il fondo della nostra gloria e del nostro paradiso.
