L’avvocatessa turca, Ebru Timtik, se n’è andata in silenzio, ieri 27 agosto nel pomeriggio, in una stanza d’ospedale dove era stata trasferita dal carcere in seguito al precipitare delle sue condizioni. dopo 238 giorni di sciopero della fame col quale chiedeva un processo equo, in un Paese la Turchia, dove l’equità e la giustizia sono concetti inesistenti. Specialmente se sei donna avvocatessa per i diritti umani e non pieghi la schiena di fronte ad un potere che vorrebbe tapparti la bocca. È morta così, Ebru Timtik, di fame e di ingiustizia. Il suo cuore si è fermato semplicemente perché non aveva più nulla da pompare in un corpo scarnificato dall’inedia. È morta per difendere il suo diritto ad un giusto processo, dopo essere stata condannata a 13 anni, insieme ad altri 18 suoi colleghi avvocati, detenuti con la medesima accusa di terrorismo, solo per aver difeso altre persone accusate dello stesso crimine. Si tratta del cosiddetto processo DHKP-C, dall’acronimo del Devrimci Halk Kurtulus Partisi – Cephesi (Fronte Rivoluzionario Liberazione Popolare), organizzazione politica fuorilegge, ed i cui membri sono considerati terroristi. L’avvocatessa Ebru Timtik, non e’ la prima vittima di questo processo. Prima di lei erano morti, Ibrahim Goksec ed Helin Bolek, rispettivamente bassista e solista del gruppo musicale Grup Yorum, gruppo musicale messo al bando dal Governo, che hanno ceduto anch’essi dopo circa 300 giorni di digiuno, per combattere la stessa accusa, cosi’ come Mustafa Kocak. Adesso preoccupano le condizioni di salute dell’avvocato Aytac Unsal, anch’egli detenuto in sciopero della fame, e per il quale, come per Ebru Timtik, il 14 agosto scorso, la Corte Costituzionale Turca, aveva rifiutato la scarcerazione per motivi sanitari. Le 4 vittime di questo processo, sono morte combattendo con il loro corpo, fino alle estreme conseguenze, una battaglia che nella Turchia di Erdogan, non è più possibile combattere con la parola, col voto, o manifestando in piazza ed arrivando come fanno gli eroi, a sacrificare la loro vita per i diritti di tutti. C’è solo un modo per celebrare la memoria di queste vittime: non tacere sulla loro morte per fare giungere la loro voce il più lontano possibile, dove esse non possono più arrivare ricordando che ci sono idee talmente forti da sopravvivere anche alla scomparsa di coloro che le hanno espresse in vita.
Stefano Bianco