Le statue di Castore e Polluce in Piazza del Quirinale sembrano essere turbate dalla défaillance delle truppe acrobatiche francesi, che liberano la scia blu-bianca-rossa troppo presto per cui quando sorvolano il Quirinale la loro scia è quasi evaporata. Questa l’unica sbavatura della giornata che ha visto la firma del trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia (qui il testo del Trattato https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Trattato_del_Quirinale.pdf e del Programma di lavoro https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Programma_di_lavoro.pdf ).
La sbornia delle coppe di champagne e di spumante è passata, ed è ora possibile fare un’analisi a freddo. Molte delle previsioni che avevamo fatto alla vigilia della pubblicazione del testo definitivo si sono rivelate corrette (qui i precedenti articoli https://www.paeseroma.it/2021/11/24/trattato-del-quirinale-un-trattato-tra-diseguali/ https://www.paeseroma.it/2021/11/25/trattato-del-quirinale-occasione-di-svolta-o-di-sudditanza-alla-francia/ ).
Il trattato non è aperto ad una partecipazione successiva della Germania né è prevista una cooperazione rafforzata a tre di Parigi, Roma e Berlino. Non vi è un nocciolo duro europeo. Vi sono due coppie di Paesi, quella franco-tedesca celebrata col Trattato dell’Eliseo del 1963 poi aggiornato col Trattato di Aquisgrana del 2019 e quella franco-italiana. Parigi diviene il fulcro degli equilibri europei. Questo era l’obiettivo di Macron. A riprova di ciò, prima della firma il presidente francese ha telefonato alla cancelliera Merkel per rassicurarla della solidità dell’intesa con la Germania, alla quale l’intesa con l’Italia non è alternativa ma complementare. Macron cercherà di confermare la insostituibilità della relazione franco-tedesca creando uno stretto rapporto anche con il nuovo cancelliere, Olaf Sholz.
D’ora in poi Parigi potrà fare la politica del pendolo: usare Roma per ottenere più flessibilità finanziaria da Berlino, usare Berlino per raggiungere l’obiettivo dichiarato di scavalcare l’Italia come seconda manifattura d’Europa. Le coalizioni variabili, che vedranno l’Italia collaborare strettamente con i Paesi mediterranei dell’UE in parallelo al legame strategico con la Francia, per quanto necessarie non equivalgono ad una cooperazione rafforzata con la Germania. Si può ipotizzare che Draghi veda il trattato del Quirinale come una tappa di un percorso che porti alla chiusura del triangolo attraverso un’intesa con Berlino. Ma non subito. Prima occorre portare a casa la riforma del Patto di Stabilità e la mutualizzazione del debito europeo (contratto dai Paesi europei ma di fatto garantito dalla Germania). Questi i passaggi più significativi del trattato:
Affari esteri: «Le Parti si consultano regolarmente con l’obiettivo di stabilire posizioni comuni e di agire congiuntamente su tutte le decisioni che tocchino i loro interessi comuni, incluso, ove possibile, nei formati plurilaterali a cui partecipa una delle due Parti». In altre parole, all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove la Francia ha un seggio permanente, Parigi si farà portavoce degli interessi italiani solo quando questi coincidono con quelli francesi. Ciò è meno della condivisione da parte della Francia del proprio seggio di membro permanente con l’Unione Europea, come Roma chiede da anni. Ma è qualcosa. D’altra parte sarebbe stato da ingenui – sebbene in un autentico spirito europeo – attendersi che la Francia cedesse il proprio seggio all’UE.
«Italia e Francia istituiscono meccanismi stabili di consultazioni rafforzate, a livello sia politico che di alti funzionari» e «consolidano la cooperazione per la stabilità del Mediterraneo, dell’Africa sub-sahariana, del Medio Oriente e del Golfo e nell’area dell’Indo-Pacifico [area di interesse per la Francia]». «Sviluppano un Patto mediterraneo» e «rafforzano il coordinamento delle rispettive reti diplomatiche, in particolare con riguardo ad Afghanistan, Libia, Sahel, Indopacifico, Libano, processo di pace in Medio Oriente, Golfo, Iraq, Mediterraneo orientale». Rimane fuori il Corno d’Africa, regione strategica e di interesse storico per l’Italia (da lì passano gran parte dei flussi commerciali provenienti da, e destinati a, l’Asia), fatte salve le questioni immigratorie.
Parigi e Roma «coordinano la propria azione in seno all’UE nei confronti dei principali partner e competitor internazionali [leggi: Turchia]». «Promuovono una politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea efficace».
Nessun riferimento diretto alla necessità per l’Italia di spostare i suoi militari dal Mali al Niger. Né alcuna menzione al processo di allargamento dell’UE ai Balcani occidentali, da sempre sostenuto dall’Italia.
Difesa: prevale la visione di Draghi di tenere l’Italia e l’Europa saldamente ancorate all’America e di contenere le spinte centrifughe della Francia laddove «l’obiettivo di rafforzare l’autonomia strategica europea» viene declinato nel senso di una «volontà di rafforzare la difesa europea e la postura di deterrenza e di difesa dell’Alleanza atlantica, essendo l’UE e la NATO destinate ad agire quali partner strategici che si rafforzano reciprocamente». Italia e Francia «promuovono le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle attrezzature, e a sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ogni qualvolta i loro interessi strategici coincidano», formula che impegna alla cooperazione ma non vincolante. «Vi saranno consultazioni regolari all’interno del Consiglio italo-francese di Difesa e Sicurezza».
Affari europei: trova suggello la visione condivisa dei due leader per una accelerazione del processo di integrazione europea accompagnata da una revisione delle regole della governance della moneta unica. Infatti, da un lato Italia e Francia ribadiscono di essere «segnate dalle conseguenze a lungo termine della pandemia» e ufficializzano la loro alleanza in favore di «un policy mix appropriato per l’eurozona, la creazione di nuove risorse proprie» e di modifiche al «Patto di Stabilità e Crescita nell’ottica di un’Europa socialmente inclusiva, nonché della Procedura per gli squilibri macroeconomici promuovendo l’introduzione di una capacità di stabilizzazione macroeconomica permanente dell’eurozona». Dall’altro, indicano il traguardo finale «del completamento dell’Unione economica e monetaria e del rafforzamento della moneta unica, fattore di autonomia strategica per l’UE» e «favoriscono un più esteso ricorso al sistema della maggioranza qualificata per l’assunzione di decisioni nel Consiglio».
«Promuovono altresì dei meccanismi di convergenza fiscale al fine di lottare contro la concorrenza aggressiva, sostenendo al contempo un’evoluzione delle regole della fiscalità internazionale che rispondano alle sfide della digitalizzazione delle economie». Ciò ufficializza l’alleanza italo-francese sui temi della lotta ai paradisi fiscali e della tassazione delle multinazionali che aveva prodotto una prima vittoria in occasione del G20 di Roma.
Politiche migratorie, giustizia e affari interni: Roma e Parigi «si impegnano a lavorare insieme per una riforma in profondità della politica migratoria e d’asilo europea e per politiche d’integrazione basate sui principi di responsabilità e di solidarietà condivise tra gli Stati membri, così come su un partenariato con i Paesi terzi di origine e di transito dei flussi migratori». In altre parole, l’Italia ottiene l’appoggio francese ad una revisione del Regolamento di Dublino, anche alla luce della nuova consapevolezza che quello delle migrazioni non è più un problema limitato ai soli Paesi del Sud Europa.
Al fine di rispondere alle crescenti preoccupazioni francesi in tema di integralismo islamico e “secessione interna” dei musulmani radicalizzati, i due Paesi sviluppano una strategia di cooperazione bilaterale strutturata in materia di sicurezza interna.
Cooperazione economica, industriale e digitale: le numerose dispute per il presunto shopping industriale francese in Italia e i numerosi dossier aperti vengono stemperati nell’impegno «a facilitare investimenti reciproci e avviare, in un contesto di bilanciamento dei rispettivi interessi, progetti congiunti per lo sviluppo di startup, piccole e medie imprese o grandi imprese dei due Paesi. Si favorisce un’ambiziosa politica industriale europea, promuovendo l’innalzamento degli standard sociali e ambientali. E’ istituito un Forum di consultazione fra i Ministeri per l’economia e lo sviluppo economico al fine di assicurare un dialogo permanente sulle politiche macroeconomiche e sulle politiche industriali». Difficile che ciò possa essere interpretato retroattivamente a tutela degli investimenti e dei posti di lavoro di Stellantis FCA in Italia. Nei prossimi mesi vedremo gli sviluppi sulle questioni TIM, Oto Melara e Wass, Generali e dei porti italiani.
Italia e Francia «si impegnano a coordinare il rilancio post-Covid concentrandosi su infrastrutture cloud, batterie elettriche, industria farmaceutica, energia, i semi-conduttori e la connettività». Mentre la promozione degli investimenti nell’idrogeno viene esplicitamente menzionata, non vi è riferimento all’energia nucleare. Probabilmente per non sollevare polemiche nell’opinione pubblica italiana, ancora non preparata ad un ritorno del nucleare. La Francia soddisfa il 78% del suo fabbisogno energetico grazie all’atomo, ed ha intrapreso una battaglia diplomatica affinché l’energia nucleare venga ricompresa nella tassonomia europea delle energie pulite. Sostituire le centrali nucleari francesi sarebbe infatti uno sforzo costosissimo e dai tempi lunghi. L’Italia dal canto suo ha bisogno di ridurre ulteriormente la sua dipendenza dai combustibili fossili ed il mini-nucleare potrebbe essere uno degli strumenti per un equilibrato energy mix. Una cooperazione tra i due Paesi sarebbe logica.
Il trattato sembra porre fine alle minacce per l’industria agroalimentare italiana. I due Paesi si impegnano «a salvaguardare le rispettive tradizioni alimentari promuovendo le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche».
Sembra promettente anche la pace anche nel settore spaziale, dove si continuerà con lo sviluppo ed utilizzo dei lanciatori Ariane e Vega, probabilmente a scapito dell’industria tedesca, mentre l’Italia riafferma il suo sostegno all’utilizzo della base francese nella Guyana da parte dell’Agenzia Spaziale Europea.
Fa piacere l’impegno dei due Paesi nella promozione delle due lingue nel mondo nonché dell’insegnamento del latino e del greco, a conferma dell’importanza della cultura classica per la costruzione della cittadinanza europea.
Con il trattato del Quirinale l’Italia ricomincia a fare politica estera attiva. Ma esso è solo uno strumento di cui si può fare buono o cattivo uso. Solo tra qualche tempo saremo in grado di giudicare l’uso che ne avremo fatto. Esso si limita ad istituzionalizzare e rendere più assiduo il coordinamento tra Italia e Francia. Questo forum dovrà essere riempito con un’agenda concreta in funzione degli interessi strategici dell’Italia. Al tavolo del coordinamento i francesi perseguiranno gli interessi del proprio Paese come è legittimo che sia, non del nostro. E’ ora rimesso all’abilità dei nostri politici, diplomatici e dirigenti ministeriali riuscire a ottenere benefici concreti per l’Italia. Ciò rimanda al problema più profondo della competenza, dell’amor patrio e della dedizione al lavoro di chi è chiamato a questo difficile incarico. Speriamo che gli italiani si dimostrino più bravi dei francesi non solo nel pilotare gli aerei acrobatici.
Gaetano Massara