La Bielorussia e la sua strategia di pressione nei confronti dell’UE.
La marcia dei migranti del Medio Oriente verso la Bielorussia ha inizio da questa estate, quando lo stesso governo di Minsk invitava i migranti a raggiungere il paese dietro la promessa di una concessione di visti. In realtà una volta giunti nel paese i migranti, ad oggi sembrano essere stimati a 4mila, vengono poi indirizzati verso la Polonia o i paesi baltici. Alexander Lukashenko, leader della Bielorussia e al centro di forti critiche internazionali per il suo operato autoritario, sembra aver sferrato il suo colpo a quell’Europa che individua come avversario politico, attaccando il punto debole dell’Unione: la Polonia, ad oggi lontana dallo spirito europeista e progressista, e particolarmente feroce nei confronti degli immigrati irregolari. Secondo le dichiarazioni del viceministro dell’interno lituano Kęstutis Lančinskas ai microfoni della Bbc, il piano di Lukashenko avrebbe avuto già inizio da marzo con la promozione di viaggi turistici verso Minsk in zone del Medio Oriente come l’Iran, con tanto di semplificazione delle procedure burocratiche per il rilascio dei visti. La diffusione di questi pacchetti vacanza “tutto incluso” si sarebbe svolta anche attraverso chat di Facebook e Whatsapp, e troverebbe la sua fondatezza anche nell’ampliamento delle tratte aeree che collegano Minsk con Damasco, Istanbul e Dubai, in molte effettuate proprio tramite la Belavia, la compagnia aerea bielorussa. Sono le stesse dichiarazioni dei migranti che confermano queste supposizioni, in molti infatti affermano di essere stati incoraggiati dallo stesso governo bielorusso, che in parte si è anche occupato dell’organizzazione dei viaggi. Quello che per migliaia di persone sembra essere un viaggio verso la promessa di una vita migliore, per Lukashenko è solo una mossa subdola nello scacchiere politico, consapevole dei continui rifiuti e dell’odio razziale polacco che attende i migranti dall’altra parte del filo spinato. Secondo il Post sono stati ben trentamila i casi di ingresso rifiutati in Polonia lungo il confine bielorusso. Evitare la rotta balcanica purtroppo non protegge i migranti dalla possibilità di ritrovarsi in condizioni di vita inaccettabili, avendo inoltre anche a sfavore il freddo pungente dell’Europa Orientale, che si traduce spesso in un silenzioso assassino. Sono almeno una decina le vittime registrate per congelamento, tra cui anche un bambino di un solo anno che si trovava rifugiato nel bosco con la sua famiglia.
Le reazioni internazionali: tra Ong, Europa, Polonia e Bielorussia
Le Ong tentano di portare ai migranti viveri e coperte per riscaldarsi, ma il loro operato non è sufficiente, sia per la grave precarietà delle condizioni difficili da cambiare, sia per la mancanza di un partner politico a cui appoggiarsi, sia per la diffidenza di molti migranti che temono di finire nelle mani delle autorità polacche e bielorusse stesse. L’Europa dichiara di aver stanziato 700 mila euro per cibo, coperte e kit di primo soccorso, ma rimane comunque nell’indifferenza totale, continuando a ignorare i cadaveri che cominciano ad accumularsi lungo le sue porte, e rifugiandosi nella solita retorica ipocrita di palazzo che predica un’Europa integrata, ma che lascia morire gli immigrati irregolari al gelo o in mare. La Polonia invece grida alla sua volontà di costruire un muro, mentre Lukashenko continua la sua politica di pressione sulla pelle di innocenti. Gli unici migranti che non sono soggetti a rimpatrio immediato sono coloro provenienti dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Eritrea e dal Venezuela, considerati come paesi non sicuri. La maggior parte dei migranti al confine polacco-bielorusso è invece di origine irachena. La strategia politica di esercitare pressione sull’Europa tramite il controllo dell’immigrazione clandestina non è ad appannaggio esclusivo bielorusso, ma si tratta di una tattica ben nota anche al governo turco di Erdoğan. Un braccio di ferro i cui unici veri sconfitti sono ancora una volta i più deboli.
Massimiliano De Stefano