AGI – Trump annuncia il “grandissimo annuncio”, fissa la data (“il 15 novembre) e il luogo (“a Mar-a-Lago”). Cosa sarà mai il “grandissimo annuncio”? A questo punto è il segreto di un detto ma non detto, la rivincita. Vuole tornare alla Casa Bianca.
Trump gioca d’anticipo, brucia i tempi, cerca di sfiammare quello che considera il suo avversario ‘naturale’ tra i dem, Joe Biden, e di mettere all’angolo il nemico interno, il repubblicano Ron DeSantis, governatore della Florida. Dopo giorni di zig zag, allusioni, promesse e attese, Trump si prepara alla mossa che mette tutti di fronte alla sua candidatura alla Casa Bianca. America 2024 è incorporata nel Midterm 2022 come non mai. E Trump non ha mai smesso di correre, di esercitare la professione di ‘spiazzista’, di inseguire la presidenza che ha perso nel 2020, in un voto che per lui – e non pochi dei suoi fan – è ‘truccato’. In realtà, Trump pensando alla Casa Bianca ha giocato la partita del gatto e del topo, avendo in mente il proverbio che citava sempre Deng Xiaoping: “Non importa se il gatto è bianco o nero, l’importante è che prenda il topo”.
I motivi dell’annuncio
Trump ha atteso la vigilia del voto di Midterm per far emergere il suo rientro in campo per almeno un paio di buoni motivi:
1. Anticipa Biden e lo pone nella condizione di quello che ora deve sciogliere i suoi dubbi, il presidente è costretto a inseguire il suo più probabile avversario, non può apparire indeciso, tentennante. Biden, sempre che decida di candidarsi, dovrà farlo ora;
2. Mette il Partito repubblicano di fronte all’elefante nella cristalleria. Nel Gop Trump è quello che ‘muove’ la base e i soldi (raccoglie decine di milioni di dollari di donazioni), nessun altro ha il tocco del 45° presidente, la base conservatrice è sua. I possibili concorrenti all’interno del partito, a cominciare da DeSantis, sarebbero perdenti in partenza e la lotta fratricida, inoltre, sarebbe sanguinosa sul piano politico, esporrebbe le fazioni a una mattanza trumpiana;
3. Trump fa precipitare la Casa Bianca e il Dipartimento di Giustizia di fronte al dilemma della sua incriminazione per i fatti del 6 gennaio e del possesso dei documenti segreti nell’abitazione a Mar-a-Lago. Una messa sotto accusa non sarebbe improbabile, ma la situazione è di quelle da testacoda costituzionale. Ripassiamo la storia e le conseguenze inattese: il Federal Bureau of Investigation – che dipende dal Dipartimento della Giustizia – nell’agosto scorso bussa a casa di Trump per cercare documenti top secret portati via da The Donald durante la sua uscita di scena all’inizio del 2020. Il fatto non ha precedenti nella storia della presidenza americana e la ragione è semplice: mai un presidente in carica ha ordinato un’irruzione nell’abitazione del suo predecessore, cioè di un avversario politico. In questo caso il carico è pesantissimo, perché l’ex presidente sarà anche il suo avversario nelle elezioni del 2024.
Senza rete
Si tratta sul piano politico-istituzionale di un salto mortale senza rete, tanto che Ted Cruz, costituzionalista, presidente della Commissione Giustizia del Senato, ha già annunciato di voler ricorrere a tutti i poteri del Congresso per bloccare un’eventuale incriminazione. Cruz ha scritto un nuovo libro sull’uso politico della giustizia nel sistema americano che si intitola ‘Justice corrupted’. Il tempismo di Trump è notevole, tanto che i democratici stanno studiando una contromossa che è un dejà-vu: se non può intervenire il Dipartimento di Giustizia per ragioni di opportunità politica, allora si proceda con la nomina di un’istituzione terza, cioè di uno ‘Special Counsel’, un modo per tenere vive le indagini e Trump sulla graticola. Il precedente è infelice: è quello dell’indagine di Robert Mueller sul Russiagate. Un fallimento, giudiziario e politico. La vigilia del voto con la decisione di Trump è più che mai rovente, l’attenzione degli americani è alta, hanno già votato in anticipo oltre 41 milioni di elettori, affluenza record per il Midterm. Secondo gli analisti indipendenti, i repubblicani sono pronti a riconquistare la Camera, mentre per il Senato sarà testa a testa. Lo scenario è già proiettato sul 2024 e un probabile duello tra Biden e Trump. Il titolo è facile: ‘Rematch’. Forse.