AGI – La Francia insiste contro l’Italia: “No ai ricollocamenti se l’Italia non apre alle navi”. L’Italia insiste sulla solidarietà: “Non può essere obbligatoria solo la responsabilità e non la solidarietà“. L’Ue prende posizione contro le Ong: “Non possono operare in un Far West, serve ordine”. La Grecia denuncia la Turchia: “Dal 2020 non accetta i rimpatri dall’Ue”. E Austria (e non solo) temono la rotta balcanica: “È fonte di metà degli arrivi in Europa”.
Si chiude così il Consiglio straordinario degli Interni. Nelle dichiarazioni finali, i ministri parlano di cordialità, convergenza e volontà di trovare soluzioni europee. Nei fatti tutto è congelato fino a quando non apparirà all’orizzonte delle acque territoriale italiane una nuova nave Ong con migranti a bordo, chiedendo un porto sicuro.
“Non si è parlato dei casi singoli, non è questo il contesto. La discussione è stata incentrata soprattutto sulla rotta del Mediterraneo centrale ma siccome sono metodologie e azioni che sono condivisibili, in una logica di dimensione esterna, su tutte le rotte che riguardano le frontiere esterne dell’Europa si è fatta una discussione globale. Devo dire che sono molto soddisfatto di questo, poi ci rivedremo l’8 dicembre“, ha commentato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, al suo primo impegno a Bruxelles.
Un appuntamento nato delle tensioni con la Francia. “I rapporti sono normalissimi e buoni. Ci siamo stretti la mano e ho salutato tutti i ministri con cordialità”, ha assicurato. Tuttavia il ministro francese, Gerald Darmanin, si e’ presentato al Palazzo Europa molto agguerrito, confermando che il meccanismo di solidarietà (promosso dalla Francia quando era presidente di turno dell’Ue) resterà sospeso fino a quando l’Italia non tornerà ad aprire i suoi porti alle navi.
“Se l’Italia non accoglie le navi e non accetta il diritto del mare sul porto sicuro non ha senso che i Paesi che ricevono i ricollocamenti, come Francia e Germania, siano gli stessi che accolgono le navi. Fintanto che il Paese che riceve i ricollocamenti sara’ lo stesso che accoglie le navi non metteremo in moto i ricollocamenti che avevamo cominciato”, ha detto davanti alle telecamere.
Nel suo intervento in riunione sembra pero’ abbia mantenuto un tono piu’ pacato. Anche se all’uscita, tornando davanti alle telecamere, ha ribadito quanto dichiarato all’arrivo. In ogni caso qualche segno di buona volonta’ c’e’ stato. I ministri hanno parlato di una convergenza generale del piano d’azione presentato la settimana scorsa dalla Commissione europea. Un piano che prevede, tra l’altro, la collaborazione con i Paesi d’origine e di transito, il coordinamento dei soccorsi in mare e un meccanismo piu’ celere per i ricollocamenti. “E’ in linea con quanto aveva chiesto l’Italia”, ha commentato Piantedosi.
Così come sembra in linea con le posizioni italiane anche l’idea che ha il vice presidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, dell’operato delle Ong in mare. “Per me le operazioni Ong non sono un tabu’, non sono qualcosa da non discutere. Vanno discusse perché parliamo della vita delle persone. Le operazioni delle Ong non possono avvenire in un Far West, dove chiunque puo’ fare qualsiasi cosa senza problemi. Serve ordine, serve un quadro di cooperazione, dialogo tra gli Stati interessati e le e Ong. Serve impegno per un sistema ordinato”, ha spiegato.
“La Commissione non ha le competenze legali per un codice di condotta europeo, credo che sarebbe molto difficile, ma è perfettamente possibile per la Commissione aiutare gli Stati interessati per produrre una serie di regole, principi, strategie di cooperazione, per non avere di nuovo situazioni che portano a crisi difficili”, ha precisato. Anche la Germania, a quanto si apprende, apre ad avere un quadro per un maggiore coordinamento delle operazioni delle Ong. Per ora è in piedi un gruppo di contatto europeo a cui le Ong sono invitate ad aderire per gestire meglio i soccorsi.
Luca Monti