AGI – Raramente la Germania ha subito una pressione così alta dagli altri Stati dell’Unione europea. Al Consiglio Affari Esteri che si è riunito a Bruxelles la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, si è trovata sul banco degli imputati. L’accusano o, meglio, accusano il Paese che rappresenta, di bloccare la consegna diretta e indiretta dei carri armati Leopard all’Ucraina.
Baerbock, secondo quanto ha riportato l’Alto rappresentante Josep Borrell a fine giornata, ha assicurato che “la Germania non blocca l’esportazione dei suoi Leopard 2 da parte di altri Stati che ne sono in possesso”. Qualche ora prima Finlandia e Polonia si erano dette pronte a fornire Kiev dei carri armati appena sarebbe arrivato il via libera da Berlino.
“Presto chiederemo alla Germania l’autorizzazione formale all’invio dei carri armati”, aveva annunciato il premier polacco, Mateusz Morawiecki, assicurando – o minacciando – che se non arrivasse il via libera si attiverebbe per una “coalizione internazionale di Paesi con cui accordarsi sulla fornitura”. Varsavia si dice intenzionata a fornire a Kiev quattordici Leopoard, fiore all’occhiello della produzione militare tedesca. La Finlandia farebbe lo stesso con due dei suoi.
Zelensky: “Ce ne servono centinaia, non venti”
Ma il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che in questi mesi di guerra si è dimostrato difficile da accontentare, ha fatto recapitare il messaggio che “ne servono centinaia, non venti”. Ha bussato così, ancora una volta, direttamente alla porta di Berlino. I Paesi baltici sono gli alleati migliori. “È fondamentale che l’Ucraina riceva tutto ciò di cui ha bisogno”, ha detto il ministro finlandese, Pekka Haavisto. “Essere un grande Paese comporta anche grandi responsabilità”, ha esortato il lettone Edgars Rinkevics.
“La Germania è il motore dell’Europa, un grande partner dell’Ue, e ha anche una responsabilità particolare, spero che non ci sia qualche ambivalenza nella decisione sui carri armati”, ha avvertito il ministro estone Urmas Reinsalu che ha chiesto che ogni Paese dei ventisette destini agli aiuti militari l’1% del Pil.
Intanto la Germania ha iniziato a spostare i suoi sistemi di difesa aerea Patriot nel territorio polacco, vicino al confine ucraino, dove saranno schierati per evitare incidenti come quello del missile caduto in territorio polacco che ha causato la morte di due civili e rischiato di trascinare la Nato direttamente nel conflitto.
Quasi 50 miliardi dall’Europa
Borrell, pur ammettendo le “posizioni divergenti” tra gli Stati sulla fornitura dei carri armati, ha ripetutamente invitato ad allargare lo sguardo e considerare “quanto siano importanti in termini di quantità e qualità gli aiuti annunciati a Ramstein, tra cui 2,5 miliardi di euro dagli Stati Uniti e un miliardo dalla Germania”. A questi si aggiungeranno i 500 milioni approvati oggi a Bruxelles, una settima tranche che porta il totale a 3,5 miliardi.
“Sommando però tutti gli stanziamenti, sia a livello Ue che a livello di Stati membri, arriviamo a 49 miliardi di euro. Siamo il primo sostenitore dell’Ucraina”, ha voluto sottolineare il diplomatico spagnolo.
Per l’Italia “è una questione bilaterale”
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è invece tirato fuori dal dossier carri armati. “È una questione bilaterale che non riguarda l’Italia, noi stiamo lavorando con la Francia per la difesa aeria e portiamo avanti quello. La nostra parte l’abbiamo sempre fatta e continueremo a farla”, ha assicurato.
Intanto, mentre l’Ucraina smentisce che ci siano stati quei progressi delle truppe russe sul terreno che Mosca assicura di aver fatto a Zaporizhzhia, a Kiev il presidente Zelensky promette di combattere la corruzione: “Voglio essere chiaro, non ci ci sarà ritorno al passato, a quello che facevano varie persone vicine alle istituzioni o quelli che trascorrevano una vita a rincorrere una poltrona”.
Il capo di Stato – che ha promesso novità in proposito nei prossimi giorni – ha ricordato che proprio ieri il governo ha ‘defenestratò un ministro che aveva accettato una tangente. Non ne ha fatto il nome ma domenica i media ucraini avevano raccontato che era stato licenziato il vice ministro delle infrastrutture Vasyl Lozynskiy che avrebbe ricevuto una tangente di 400 mila dollari: secondo le forze dell’ordine, il denaro era una tangente per aver truccato una gara d’appalto per l’acquisto di generatori di elettricità e altre apparecchiature.
L’ombra della corruzione
E sempre ieri il ministero della Difesa ucraino è stato costretto a smentire di aver firmato contratti a prezzi gonfiati per prodotti alimentari destinati ai soldati e ha liquidato un’inchiesta giornalistica in proposito come “manipolata”: secondo la denuncia, il ministero acquista prodotti per i militari “due o tre volte più costosi” di quelli che possono essere acquistati nei negozi al dettaglio a Kiev.
L’inchiesta in particolare riguarda un accordo concluso dal ministero della Difesa per i servizi di ristorazione nel 2023 destinati alle unità militari di stanza nelle regioni di Zhytomyr, Kiev, Poltava, Sumy, Cherkasy e Chernihiv. L’importo della transazione è di 13,16 miliardi di grivna (ovvero più+ di 350 milioni di dollari).
La corruzione in Ucraina è un male endemico tanto che il Paese, nella classifica annuale di Transparency International figura al 122esimo posto (su 180 Paesi), non molto meglio della Russia. E rappresenta uno dei punti centrali nelle riforme nel percorso di adesione all’Ue.