AGI – Xi Jinping è stato rieletto all’unanimità presidente cinese per un terzo storico mandato, confermandosi il leader più potente dai tempi di Mao Zedong, e diventando il capo di Stato di più lungo corso della Repubblica Popolare Cinese. Xi è stato eletto nel corso della terza sessione plenaria della quattordicesima Assemblea Nazionale del Popolo, l’organo legislativo del parlamento cinese, con 2.952 voti a favore e nessuno contrario: come da ogni pronostico, il voto è stato una pura formalità, con un esito dato ampiamente per scontato e celebrato con un lungo applauso dai delegati presenti alla Grande Sala del Popolo, su piazza Tiananmen.
Il terzo mandato quinquennale al vertice dello Stato è una prima volta assoluta, resa possibile dall’eliminazione del vincolo costituzionale dei due mandati, approvata nel 2018, che spianò la strada a una leadership a tempo indefinito di Xi sullo Stato. Il presidente cinese è stato formalmente rieletto, sempre all’unanimità, anche al vertice delle Forze Armate, come presidente della Commissione Militare Centrale, completando il rinnovo delle cariche: la rielezione di oggi segue di pochi mesi la riconferma al vertice del Partito Comunista Cinese come segretario generale, avvenuta al termine del ventesimo Congresso del partito che si è celebrato a ottobre scorso.
Nella sessione plenaria è stato eletto anche il nuovo presidente della stessa Assemblea Nazionale del Popolo, Zhao Leji – fino a oggi a capo della Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare, l’organo che dà la caccia ai funzionari corrotti – mentre l’ex vice primo ministro esecutivo, Han Zheng, 68 anni, è stato eletto vice presidente cinese.
Dopo la votazione, Xi ha prestato giuramento sulla Costituzione cinese, portata nella Grande Sala del Popolo dal picchetto d’onore. Con la mano sinistra poggiata sul testo e la destra alzata con il pugno chiuso, Xi ha pronunciato il giuramento per primo, seguito dagli altri alti funzionari eletti oggi.
Il ricambio della classe dirigente proseguirà domani, quando è in agenda l’elezione del nuovo primo ministro, che si prevede sia Li Qiang, fedelissimo di Xi, eletto membro del Comitato Permanente del Politburo – vertice decisionale del Pcc, di cui fa parte lo stesso Xi – allo scorso Congresso del partito.
La consacrazione di Xi Jinping
Settanta anni il prossimo 15 giugno, Xi Jinping è al vertice del Pcc dalla fine del 2012, e della Cina, come presidente, dal marzo 2013. Il suo nome, accanto al suo contributo ideologico – il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinese per una nuova era” – è già iscritto sia nella carta fondamentale del Pcc, sia nella Costituzione cinese.
Oggi, Xi è “nucleo” dell’intero partito e il suo pensiero è la “guida” per tutti gli oltre 95 milioni di iscritti al partito. La riconferma al vertice dello Stato lo porterà ad altri cinque anni alla guida della seconda economia del pianeta, in un periodo che egli stesso percepisce gia’ come difficile.
Proprio durante i lavori delle due sessioni del parlamento, Xi ha incolpato direttamente gli Stati Uniti e l’Occidente del deterioramento delle relazioni con la Cina, e ha lanciato un messaggio inequivocabile: “i rischi e le sfide che dovremo affrontare non faranno che aumentare”. Il suo e’ un appello all’unita’, che estende anche all’esercito, a cui ha chiesto di rafforzarsi contro i “rischi strategici” e per “vincere le guerre”.
I dossier aperti, da Taiwan all’Ucraina
Il terzo mandato alla guida della Cina si apre con le tensioni nello Stretto di Taiwan e la partnership “senza limiti” con la Russia, a cui l’Occidente guarda con sospetto: il piano per la pace in Ucraina presentato il mese scorso da Pechino non ha riscosso successo, tornando, invece, ad alimentare i dubbi sui legami tra Mosca e Pechino, che non ha mai condannato l’invasione dell’Ucraina.
I riflettori sono puntati sul prossimo viaggio in Russia del presidente cinese, già preannunciato dal leader del Cremlino, Vladimir Putin, come il più importante avvenimento dell’anno nelle relazioni bilaterali. Alle incertezze della situazione internazionale si sommano quelle sul piano interno: per il 2023, la Cina ha fissato un target di crescita prudente – addirittura modesto – attorno al 5%.
Il governo punterà sui consumi interni e su una crescita trainata dall’innovazione scientifica e tecnologica per la ripresa dopo le restrizioni anti-pandemiche, capitolo chiuso definitivamente a dicembre scorso, con la fine della linea di tolleranza zero verso il Covid. Non c’è solo il rallentamento dell’economia: la Cina deve fare i conti anche con una crisi demografica ormai conclamata, con il primo calo della popolazione, registrato nel 2022 (di 850mila persone) in oltre sessanta anni.