AGI – Alto debito e bassa crescita è uno scenario non più sostenibile per la Commissione europea. Tanto quanto insostenibili, e di conseguenza inapplicabili, sono le vecchie regole di bilancio che imponevano il taglio del debito di un ventesimo l’anno. Per questo l’esecutivo europeo mette sul tavolo un nuovo Patto per la stabilità e la crescita che prevede piani dedicati (negoziati bilateralmente con gli Stati) per una “graduale e realistica” riduzione del debito.
I piani saranno compito dei Paesi con alto debito: deficit sopra il 3% e debito sopra il 60%. La Commissione europea indicherà una “traiettoria tecnica” per ridurre il debito con l’obbligo di un taglio annuo del deficit di almeno lo 0,5%. In presenza di investimenti strategici (green, digitale e difesa) e riforme, il piano potrà essere esteso a sette anni. In caso di deviazione dal piano scatterà in automatico una procedura d’infrazione per deficit eccessivo.
Gli Stati dovranno versare multe semestrali del valore dello 0,05% cumulabili fino allo 0,5%. A oggi le multe previste erano dello 0,2% del Pil, talmente alte che finora nessun Paese è stato chiamato a versarle.
Cosa cambia per l’Italia
Prendendo in esame il caso italiano e le simulazioni della Commissione europea, che rappresentano un punto di partenza del futuro negoziato, il quadro diventa più chiaro. Il Pil italiano è stato di 1.909 miliardi di euro nel 2022. Con un piano quadriennale è previsto un taglio annuo dello 0,85% che vale 16 miliardi; con un piano di sette anni la riduzione viene spalmata e la percentuale scende allo 0,45%, ossia 8,5 miliardi in meno l’anno. Applicando le stesse proporzioni, in caso di procedura d’infrazione l’Italia sarebbe chiamata a versare multe per 950 milioni di euro ogni sei mesi. Fino a un massimo cumulabile di 9,5 miliardi di euro. Ma è uno scenario apocalittico che nessuno vorrebbe prendere in considerazione.
“Non conosco queste cifre, la cosa certa è che l’Italia dovrà ridurre il livello del proprio debito. Credo che non ci sia nessun italiano che non ne sia consapevole, non solo al Governo ma in generale perché il debito elevato ha le difficoltà che tutti noi conosciamo”, ha spiegato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ai giornalisti italiani che cercavano di strappargli qualche cifra in più. “Quello che possiamo dire è che quando questa riforma verrà approvata l’Italia potrà farlo in modo più graduale e potrà farlo anche in un modo che avrà deciso l’Italia. È molto importante”, ha aggiunto.
Ancora una volta la proposta della Commissione europea è la sintesi dell’arte del compromesso: i piani diversificati per accogliere le istanze dei Paesi più indebitati; la riduzione dello 0,5% per venire incontro ai falchi rigoristi del Nord guidati da Germania e Paesi Bassi; l’estensione a sette anni per accontentare i Paesi, Italia compresa, che chiedevano la golden rule per scorporare gli investimenti strategici dal conteggio del debito. “Non c’è la golden rule ma il risultato è lo stesso”, ha spiegato ancora Gentiloni. Non è detto pero’ che basti.
“È certamente un passo avanti ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, ivi incluse quelle tipiche del Pnrr digitale e green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri. Prendiamo atto che cosi’ non è. Ogni spesa di investimento poiché è rilevante e produce debito per il nuovo patto deve essere valutato attentamente. Quindi occorre privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil”, ha evidenziato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Ancora meno entusiasta è stato il suo omologo tedesco, Christian Lindner, per ragioni ovviamente opposte: “Sono ancora necessari aggiustamenti chiari per trasformare la proposta della Commissione in norme realmente affidabili, trasparenti e vincolanti con le quali possiamo realizzare un percorso verso una riduzione significativa dei disavanzi e del rapporto debito/Pil”. Anche gli olandesi chiedono più “parità di trattamento” – formula contro i piani negoziati tra Commissione e Stati – mentre gli spagnoli sposano la proposta e si impegnano per la massima celerità nell’approvazione. E toccherà proprio alla Spagna guidare l’Unione con la presidenza di turno per il secondo semestre dell’anno. La proposta sarà sul tavolo tecnico del Consiglio dal 2 maggio, arriverà all’Ecofin il 16 giugno. L’obiettivo è un accordo tra gli Stati entro dicembre. La Commissione in realtà vorrebbe l’accordo finale (anche con il Parlamento) già entro l’anno per poter applicare le nuove regole nel 2024, altrimenti tornerà il vecchio Patto.