Chi veramente di aveva creduto non deve ricredersi. Deve semplicemente aggiornare i parametri linguistici sui concetti di pace e di guerra. Ciascuno dei fronti in conflitto mostra nuove tensioni al suo interno che mal digeriscono gli accordi fatti.
Si pensava infatti che Netanyahu fosse il più acerrimo anti-arabo contro il quale protestava il mondo progressista di Israele. Oggi si manifesta una destra ancor più oltranzista del suo premier e dalla parte del sionismo religioso e a gran voce il suo leader Smotrich si afferma bellamente che la guerra deve ripartire dopo la tregua, altrimenti il partito lascerà la maggioranza.
Manifestanti bloccano una strad per protestare contro l’accordo di cessate il fuoco che comprometterebbe la pace di Israele. Netanyahu è allora costretto a rinviare il discorso pubblico sull’accordo perché deve trovare una quadra nel suo stesso governo. Il pretesto per il rinvio si rilancia sempre su Hams che sarebbe colpevole di non voler rispettare le intese. Precedentemente Netanyahu se l’era presa con Hamas dicendo di voler rinnegare parti dell’accordo per il quale al tavolo c’erano anche gli Stati Uniti.
Non aiutano le manifestazioni di giubilo da parte di Hamas, come di chi afferma di aver vinto la guerra. Lo ha affermato Khalil al-Hayya, uno dei leader di Hamas. In tivvù è andato a dire che Israele non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi nella Striscia di Gaza e definisce l’accordo di cessate il fuoco come un “momento storico” e una sconfitta per lo Stato ebraico.
Anche le Guardie della rivoluzione iraniana, Pasdaran, hanno accolto il cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas come una “vittoria” per i palestinesi e una “sconfitta” per Israele. Sempre Pasdaran dicono con enfasi. “La fine della guerra e l’imposizione di un cessate il fuoco… è una chiara vittoria e una grande vittoria per la Palestina e una sconfitta ancora più grande per il mostruoso regime sionista”.
A poco serve fare la parte dei buoni da parte dell’Unione Europea che ha annunciato aiuti umanitari per centoventi milioni di euro, oltre ad aiuti materiali per la Striscia di Gaza. Pare che ogni aiuto a sostenere la vita in quel luogo tenda a rafforzare la resistenza, quindi l’impossibilità di scrivere la parola fine al conflitto in questa area.
Il problema centrale riguarda lo scambio di prigionieri. In cambio dei ragazzi sequestrati durante il famoso raid del 7 Ottobre il partito di Hamas potrebbe ottenere il rilascio di guerriglieri che una volta liberi continuerebbero la loro guerra rafforzando un esercito oramai decimato. E allora il governo di Israele ha annunciato di voler discutere la lista delle liberazioni. E questo suona come una nuova messa in discussione e una nuova ragione di acrimonia nei confronti di Israele.
La pace armata resta una condizione incandescente e non saranno sufficienti i tre giorni a disposizione dell’ancor presidente Biden per risolvere alcunché.