ROMA – Dopo aver quasi terminato i lavori di riqualifica urbana partiti già in largo anticipo, a meno di due mesi dall’inizio del Giubileo, il Comune di Roma si ricorda del problema dei senzatetto. L’idea di dare maggiore assistenza a queste persone ha naturalmente una valenza religiosa e simbolica, in seno a quello che è il “Giubileo dei Poveri”, ma ci sono anche ragioni pratiche legate al decoro urbano e al problema dell’amministrazione delle tensostrutture. Riguardo ciò, il Sindaco Gualtieri si è ritrovato un po’ tutti contro in relazione a quella che era stata la prima proposta dell’installazione di tali tensostrutture a Piazza dei Cinquecento: dapprima i membri dell’opposizione locale di Fratelli d’Italia e Lega (a tal proposito era stata organizzata anche una manifestazione in piazza dei Cinquecento a cui avevano partecipato tra gli altri il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e il presidente della commissione Cultura Federico Mollicone, entrambi di Fratelli d’Italia); poi dalla stessa maggioranza che sostiene Gualtieri e, infine, dagli abitanti del quartiere San Lorenzo, dove era stata proposta un’alternativa nei pressi della mensa della Caritas e dell’associazione Binario 95, ad ogni modo per niente valida visto e considerato che la tensostruttura avrebbe avuto una capienza per sole 30 persone.
In merito a questa problematica che, in vista del Giubileo ci porta a riflettere ancora una volta rispetto a quella che oseremmo definire una questione di “facciata” che il Vaticano, il Comune di Roma e lo Stato Italiano auspicano a difendere, abbiamo avuto il piacere di intervistare chi, invece, in prima persona si rimbocca le maniche e sceglie di aiutare quotidianamente queste persone di tasca e anima proprie.
L’intervista che segue è quella di Danila Notaro, una mental coach e counselor, che oggi ha scelto di sostenere la signora Rada, una senzatetto che ha vissuto nel porticato del suo condominio nel quartiere di Colli Aniene da luglio 2023 e, grazie a Danila, da dicembre 2023 in un centro di accoglienza. La storia di Rada e Danila è la storia di milioni di persone che vivono aspettando un aiuto da parte dello Stato, che stenta ad arrivare, che accende i riflettori sul problema solamente quando conviene ed è la storia di poche persone come Danila che dedicano la propria vita ad un bene più grande, partendo da piccole grandi azioni come queste.
- Ciao Danila, grazie per averci concesso il tuo tempo e la tua testimonianza. Come hai conosciuto Rada?
Era luglio del 2023, c’erano quasi 40 gradi e uscendo dal mio portone (io vivo in una zona residenziale zona Colli Aniene ) l’ho vista in seduta sotto il portico del palazzo antistante, su una seggiola da campeggio con poche cose che giorno dopo giorno aumentavano sempre di più: sacchi di vestiti ,qualche coperta e una vecchia brandina rimediata da qualcuno. Chiedendo ai vicini, ho saputo che era stata in ospedale per una lunga degenza e uscendo non sapeva più dove andare perché prima si appoggiava in una delle piccole case della chiesa vicino a noi, ma poi era stata sfrattata dall’organizzazione ecclesiastica stessa (nuovo parroco, nuove regole). Io mi ero trasferita in quel quartiere da qualche mese, non avevo mai visto Rada prima di allora, ma mi dissero che era una signora che viveva lì da anni, dapprima con un marito e figli per poi perdere tutto, compresa la casa, rimanendo sola al mondo. Non chiedeva mai elemosina, ma ti augurava il buongiorno tutte le mattine con gli occhi azzurri più belli che abbia mai visto, buoni e sempre sorridenti nonostante la sua condizione. Mi sono bastati un paio di giorni per avvicinarmi e portarle spontaneamente un pasto sfizioso accompagnato da qualcosa di fresco.
- Cosa ti ha portato a legarti così tanto con lei?
La prima volta che l’ho vista seduta lì in disparte con la sua immancabile sigaretta, mi ha ricordato mia nonna che mi ha cresciuta, scomparsa l’anno prima. Non potevo restare impassibile. Sono cresciuta nei pressi della Stazione Termini e di realtà come queste ne ho viste abbastanza, però non avevo mai avuto un tale istinto di protezione. Con Rada era diverso, è stato come riconoscersi e ritrovarsi. Ci siamo legate subito. Dopo qualche giorno dalla nostra conoscenza, ricordo che sono uscita di casa per andare a correre, piangendo per varie vicissitudini legate a quel periodo e lei è venuta incontro dicendomi: ”Non mollare proprio ora. Tutto andrà bene piccoletta.” Quel vezzeggiativo era un altro ricordo di mia nonna, che per tutta la vita mi aveva chiamata così. Solo in seguito Rada mi confessò che la prima volta che mi vide le avevo ricordato la figlia con cui non aveva più rapporti già da tempo. Da quel momento ho seguito il suo consiglio e non ho più mollato. Ho cominciato a non portarle solo il caffè come a volte mi chiedeva, ma mi assicuravo tutti i giorni che avesse mangiato, prendendomi cura di lei comprandole dei vestiti, beni di prima necessità, un materasso e lenzuola nuovi, così da renderle quel giaciglio un posto migliore dove poter riposare. A poco a poco da lì si creò una rete di piccoli aiuti dalle persone che passavano sotto al nostro portico. C’era chi le portava un pasto, chi le comprava una leccornia dal bar, chi le ha regalato un nuovo cuscino. Era il “divino” che trionfava sull’omertà .
- Immaginiamo che tu abbia già provato a contattare le istituzioni per ricevere una mano. Che risposte hai avuto? E che tipo di esperienza hai vissuto?
Inizialmente, ad aiutarla ogni giorno, eravamo io e un altro ragazzo del quartiere, lui molto più addentrato di me nel mondo della burocrazia locale grazie al suo lavoro, al punto di chiamare i servizi sociali per toglierla dalla strada. In più c’era una signora che Rada conosceva, la quale lavorava ad un CAF vicino al nostro condominio, che aveva parzialmente seguito la pratica di richiesta di invalidità all’INPS. In precedenza, Rada, aveva già effettuato questa richiesta, ma la sua pratica era andata persa. Nel frattempo era scaduta la validità della serie di visite che l’INPS generalmente richiede per processare la richiesta, pertanto si necessitava di farne di nuove, tutte a pagamento. Il mio vicino, quindi, si occupava di sollecitare le istituzioni locali per un posto in un centro di accoglienza o casa famiglia, telefonando tutti i giorni ma senza mai ricevere risposta, mentre io mi occupavo di prenotarle le visite che, non solo le servivano per la pratica, ma anche per fare dei check up post-operatori. Successivamente ci siamo rivolti anche alla Comunità di Sant’Egidio e allo sportello d’ascolto della chiesa per richiedere un intervento e per trovare i fondi utili alle visite, ma nulla. Sembrava di camminare in un vicolo cieco. Io ho un canale social di crescita personale, che ho scelto di utilizzare anche per promuovere varie raccolte fondi con cui, grazie ai miei follower a cui sarò eternamente grata, sono riuscita a pagarle tutte le visite, il quale costo ammontava circa a 200 euro caduna. Infine siamo riusciti, tra il 30 e 31 dicembre 2023, anche a trovarle un posto in un centro di accoglienza antifreddo temporaneo che il comune mette a disposizione per gli indigenti. Dopo mesi eravamo stati parzialmente ascoltati, ma quante porte in faccia e quante notti passate per lei sotto le intemperie, dove tutte le sere controllavo se stesse bene, riscaldandola con borse dell’acqua calda e coperte .
- Rada ha evidenti problemi di salute che non sono assolutamente da sottovalutare, che necessitano di cure e visite che hanno costi molto elevati. Adesso chi si prende cura di lei oltre te?
Si, ha per lo più problemi cardiaci e circolatori, oltre ad aver subìto varie operazioni per l’innesto di stent. Vive senza un rene e, ovviamente, le precarie condizioni di vita hanno contribuito ad aggravare la sua condizione. Nonostante ciò, si presenta sempre sorridente, come se non avesse nulla. Il centro dove le hanno concesso di rimanere si occupa di prenotarle le visite, di controllare le medicine periodiche che assume e, tramite l’asl, si riesce ad avere priorità ma, ovviamente, le visite sono sempre a pagamento. Tutto questo avviene a causa della burocrazia, i quali tempi biblici impediscono l’assegnazione di un medico di base, considerando poi che le visite specialistiche hanno un costo elevato al quale ovviamente penso sempre io. Con il passare del tempo le persone che inizialmente avevano offerto il proprio aiuto si sono dileguate, rimanendo solamente io e Rada, che ormai è parte della mia famiglia. Ai costi delle cure sanitarie bisogna aggiungere le spese per il vestiario, per i beni di prima necessità, e per le alternative alimentari, perché il centro mette a disposizione solo una camera, una doccia calda e 3 pasti al giorno assicurati in quantità minime solo per 60 persone circa, senza parlare della scarsa qualità del cibo offerto, di conseguenza, tutto ciò che viene ritenuto superfluo è a pagamento. Ci sono distributori (che sono sempre rotti nel weekend), ai quali ovviamente lei non può accedere essendo priva di sostentamento economico. Quel poco che ha, lo riceve dal buon cuore dei suoi “coinquilini” o dalla mia mancetta settimanale. Con questo non voglio lamentarmi del personale socio-sanitario che opera all’interno del centro. Ognuno di loro è prezioso e tratta Rada con amore, ma purtroppo, come tantissimi altri centri, manca dei fondi necessari per andare avanti.
- Apriamo per un istante una breve parentesi sulla parte bella di questo racconto: l’anima nobile che accomuna te e questa donna. Poiché, spesso, è nella semplicità delle piccole cose e attraverso la gentilezza che vengono trasmessi insegnamenti, saperi ed esperienze illuminanti. Ti va di condividere con noi uno o più ricordi di momenti passati insieme a lei?
Uno dei più bei momenti è stato ovviamente il giorno che l’ho tolta dalla strada, aiutandola a non sentirsi più sola e abbandonata. Rada è molto legata alla figura di suo marito, deceduto a Firenze lontano da lei, perché gli avevano trovato un lavoro di manovalanza lì quando lei stava male, motivo per cui lei non è mai riuscita a salutarlo. Da quando la conosco non le ho mai fatto mancare il festeggiamento di Natale, Pasqua, il Primo Maggio e, addirittura, San Valentino, dove per l’occasione le ho regalato un portafoto contenente due foto di lei insieme al marito, che negli anni passati passati aveva pubblicato sui social, da mettere sul comodino della sua camera del centro accoglienza, dicendole “Così ci puoi parlare e salutarlo, come facevate quando vi svegliavate insieme“, provocando in lei una commozione totale. Per il suo compleanno, infine, l’anno scorso le portai una torta con le candeline sotto al portico dove giaceva e quest’anno, invece, con l’aiuto degli operatori del centro, siamo riusciti ad organizzare una festicciola, così da farle sentire ancora una volta quel calore che solo a casa puoi sentire.
- La condizione dei senzatetto, ormai, è un vero e proprio problema che aumenta di giorno in giorno. Ovviamente, a meno di un mese dal Giubileo, le istituzioni si stanno preoccupando di dove metterli e, a tal proposito, sono state proposte soluzioni temporanee (giusto per tamponare il 2025 e salvaguardare in maniera fittizia l’immagine di Roma), tipo delle tensostrutture a Piazza dei Cinquecento (come se il problema fosse presente solo alla Stazione Termini), soluzione comunque archiviata perché lederebbe il decoro urbano per i turisti che arrivano a Roma uscendo dalla stazione ferroviaria. Se tu avessi il potere di decidere a livello istituzionale, che cosa faresti per debellare il problema?
Prima di dire banalità parlando di stanziamento di fondi, onestamente, se fossi ai vertici del potere, rinuncerei all’ego e alla convenienza. Ma capisco che si tratti di un’utopia in un’epoca in cui tutti si sentono e si comportano da egoriferiti, dando adito solo ai loro problemi, non accorgendosi nemmeno della presenza di chi gli sta a pochi metri di distanza, sdraiato in un giaciglio al freddo e, semmai dovessero incrociare un loro sguardo, al massimo arrivano a pensare: “tanto a me non potrà mai capitare “. Rinuncerei a ripulire per una volta una delle fontane minori in occasione del Giubileo, tutto ciò sempre fatto in seno ad uno stato di apparenza che bisogna mantenere al top per fare bella figura all’estero, anziché concedere almeno un dieci per cento per sovvenzionare e allargare centri di accoglienza per senzatetto, dove mancano addirittura i soldi per comprare una bombola di gas e la carne per 60 persone, generando ennesimi ecomostri destinati a marcire nel paesaggio urbano. I senzatetto sono chiamati gli “invisibili” proprio perché, purtroppo, non vengono considerati e non si fa abbastanza per loro. Come accennavo prima, ci sono tante strutture lasciate inutilizzate o abbandonate perché non ci sono fondi o perché magari non si è deciso a chi toccava quel determinato appalto, aggiungendo poi le tante abitazioni o strutture sequestrate alla malavita che poi non si sa che fine fanno. Gesù predicava “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ma non mi sembra che il Vaticano stia a corto di soluzioni abitative alternative. Sta sempre lì la questione che ha alba dall’inizio dei secoli: l’eterna lotta tra ego, avidità e anima. A queste persone purtroppo l’ego gli è stato tolto e l’anima calpestata. La storia di Rada serve a farci capire che se ognuno di sei milioni di abitanti rinunciasse ad un caffè o a un pacchetto di sigarette, non saremmo neanche qui a parlare di tutto questo. Contano le idee ma contano ancora di più i fatti, pochi, piccoli, ma costanti. Contano le piccole cose, come dicevi anche tu prima, per ricordarci cosa vuol dire “amore e soluzioni”.