ELVIRA SIRIO ha esposto a – ROMA – in Piazza di Spagna – per la 65° Roma Art Festival a cura dell’Architetto Lucilla Labianca, la storica rassegna internazionale d’arte moderna, giunta, quest’anno, alla sessantacinquesima edizione che, si è riconfermata come una delle belle iniziative per la divulgazione e la conoscenza di arte e artisti della Modernità.
Elvira Sirio – artista, nata a Reggio di Calabria – ha esposto insieme a un nutrito gruppo di artisti; la pittrice calabrese, ha presentato al pubblico internazionale di Piazza di Spagna, il frutto delle proprie fatiche d’arte, mostrando opere dell’ultimo periodo creativo, frutto della fatica e del lavoro, figlie di quella inquietudine interiore creativa e del “pathos”, che ella porta nel cuore. L’artista Reggina si è Laureata in matematica, è docente presso un Istituto di Secondo Grado. Questa sua passione incredibile l’ha portata a frequentare. per molti anni. la “Libera Accademia” del maestro Paolo Raffa. Nella stagione dell’apprendimento ha partecipato a numerosi master di pittura, di scultura e, a tanti stage e tante scuole per il “trattamento e modellature” della ceramica e delle crete. Si è poi perfezionata presso l’Accademia d’Arte di Firenze e, nel 2020, è stata accolta presso l’Accademia Internazionale di Arte Moderna di Roma. “Creo Emozioni” è la parola d’ordine che, ha scelto, per il suo modo discreto, di comunicare con il mondo attraverso i social. Capace di trattare la materia, la Sirio, si esprime attraverso, una straordinaria creatività visionaria che, spesso, raggiunge un lirismo sensazionale e unico; con familiarità e capacità ella si accinge alla pittura, alla scultura, al modellare melodioso di crete e ceramiche. Vittorio Sgarbi ha scritto che la Sirio “è maestra indiscussa nelle arti visive”
Le posture e le espressioni di vita delle sue sculture esternano l’anima, compaiono “Occhi colmi si speranza e mani aperte all’attesa” (1) Quella speranza – del Pollaiolo – ha l’aspetto di una giovane donna, vestita di verde che prega, mentre rivolge lo sguardo al cielo. Nessun attributo, solo occhi colmi di fiducia. Perché “Torneranno i giorni dei sogni”, torneranno volti e persone mai dimenticate, tornerà ancora quell’umanità involata e perduta verso sentieri di altri mondi, verso acque di altri mari. Ed io, crogiuolo di cililtà e di culture, qui ritrovo la mia terra: veo un chico o una chica que busca su propio camino, que quiere volar con los pies, que se asoma al mundo y mira el horizonte con ojos llenos de esperanza, llenos de futuro y también de ilusiones. (Vedo un ragazzo o una ragazza che cerca la propria strada, che vuole volare con i piedi, che si affaccia sul mondo e guarda l’orizzonte con occhi colmi di speranza, pieni di futuro e anche di illusioni). Quanta dolcezza negli addensamenti materici degli “astratti”, quanta regolarità e quanta pulizia in quelle forme e in quelle geometrie dei suoi “concetti”, che musica dolce e che leggiadria nei plasticismì di quelle sue infinite “figure”, e quanti venti passano cheti su quella serenita e su quei mondi solinghi abbarbicati ai suoi “paesaggi?