“Il Male”: un racconto di formazione tra luci e ombre, un’indagine della psiche umane attraverso eleganti considerazioni filosofiche
Il 25 giugno nell’elegante cornice dell’Istituto Skinner, la psicoterapeuta Giovanna Breccia ha presentato il suo ultimo romanzo, “Il Male”, un racconto di formazione che segue le vicende di un protagonista maschile che deve fare i conti con le ferite del passato e con le luci e le ombre che albergano all’interno di tutti noi. La particolarità del protagonista disegnato dalla penna della Breccia è però la grande consapevolezza di questa condizione contraddittoria che accomuna filosofi, scrittori e artisti. “Il Male” è un romanzo nel quale si condensano gli anni di esperienza della dottoressa, in cui si intrecciano sapientemente le vicende tormentate del protagonista, le riflessioni filosofiche dei grandi pensatori del passato e un’attenta indagine sulla psiche umana. Da Spinoza alla dialettica di Hegel, i filosofi del passato scandiscono i pensieri di una mente contorta alle prese con una battaglia intestina che ci accomuna tutti, il cui finale non è ancora scritto, ma dipende dal nostro libero arbitrio. Gli spunti offerti dalla lettura di alcuni passi del libro, sono stati brillantemente affrontati durante la presentazione della autrice stessa e dal collega, amico e direttore dell’Istituto Skinner, Antonino Tamburello, esperto di psicoterapia cognitiva e comportamentale. Durante la lettura, ci si continua a interrogare sull’essenza stessa della follia, dov’è il confine tra chi è sano e chi è “malato”? Continua a chiedersi l’autrice, precisando quanto sia sottile e difficile da stabilire questa linea di separazione. E con quale male abbiamo principalmente a che fare? Come reagiamo davanti a un male interno? Per il dottor Tamburello è proprio di quest’ultimo che ci ritroviamo ad affrontare più spesso, ed è proprio per questo che non dobbiamo mai sottovalutare l’importanza di non aver paura di restare da soli con noi stessi. La conoscenza più profonda e intima di sé stessi appare così indispensabile per il raggiungimento di una vera serenità. <<L’uomo nasce completo, abbiamo una grande autosufficienza, è bello condividere con gli altri, ma dobbiamo fare attenzione a non rifugiarci solo nelle relazioni>> così esordisce il professore nella sua spiegazione su come sia necessario affrontare il dolore anche da soli, lasciarsi attraversare da esso per affrontarlo e superarlo. Ricordando come quando il fuoco imperversa dentro di noi, sia meglio non fare niente, ma ritagliarsi un momento di auto-analisi critica di sé stessi. Questo non significa di certo che dobbiamo rinunciare all’incontro con l’altro, ma che non dobbiamo farci sottomettere dalle circostanze esterne, dal raggiungimento ossessivo di un fine. Dopo due anni di pandemia e di isolamento “forzato”, viene quindi spontaneo interrogarsi ancora sull’importanza di essere capaci di stare da soli con sé stessi, e di come ciò si intrecci invece con la nostra necessità di relazionarci con gli altri. Il dottor. Tamburello allora pone l’accento su come sia necessario distinguere tra il conoscere veramente l’altro come fine e non come mezzo, ovvero non come distrazione o come strumento per non pensare a ciò che davvero dentro ci tormenta e non abbiamo il coraggio di affrontare. La dottoressa Breccia ci ricorda infatti come la sofferenza non sia un qualcosa da cui possiamo spogliarci come se fosse una giacca, ma uno step della nostra vita in grado di farci crescere. Per Tamburello ci troviamo di fronte a una concatenazione continua di cause ed effetti, in cui bisogna inizialmente capire e identificare la causa, per poter progettare il futuro e indirizzare i conseguenti effetti verso la direzione migliore possibile.
La recensione completa del romanzo è disponibile al link: https://www.paeseroma.it/2022/03/02/il-nuovo-romanzo-di-giovann-breccia-spiega-cose-il-male-narrando-la-vita-di-un-giovane-dichiarato-malato-mentale/
Aurora Mocci