“Sergey Kishchenko : Hortus Conclusus. Memoria, biodiversità, migrazione” questo il titolo della prima mostra personale in Italia dell’artista russo che riunisce una sequenza di lavori appartenenti a ricerche avviate negli utimi 10 anni. L’esposizione on air a Venezia, ai Magazzini al Sale sino al 14 ottobre 2023 con la curatela di Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, oltre a Maria Redaelli in qualità di assitant curator, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Venezia e il Centro Studi sull’Arte Russa (Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, Università Ca’ Foscari Venezia). Comitato scientifico: Giuseppe Barbieri, Silvia Burini, Riccardo Caldura, Erica Faccioli, Stefano Marotta, Olga Shishko.
Sergey Kishchenko, classe 1975, di Stavropol, giunto in Italia in qualità di rifugiato politico. fa parte di quella folta schiera di giovani artisti, che a seguito della guerra tra Russia e Ucraina hanno abbandonato la Federazione Russa. Articolata in più sezioni con: Testi, Dialoghi e Cronaca la mostra prevede anche attività espositive, non solo a Venezia. Nella prima sezione sono presenti opere che appartengono a due serie: fotografie di Recipe book-Erbari di piante selvatiche (2014-2018) associati a pagine scientifiche di erbari con autentiche ricette di sopravvivenza con le piante selvatiche, fornite da detenuti o composte durante l’assedio di Leningrado e la serie Pane quotidiano (2014) dedicata al salvataggio della collezione genetica raccolta dell’agronomo, botanico e genetista vegetale russo, Nikolaj Ivanovič Vavilov (1887-1943), che dedicò tutta la sua vita a cercare di trovare una soluzione al problema della fame in Russia e nel resto del mondo. Fu autore del grande progetto della prima Banca di Semi e Piante ed anche pioniere degli studi sulla biodiversità e sul patrimonio naturalistico e culturale di tutti i popoli della Terra: Durante la sua vita ha esplorato più di 60 Paesi, riscrivendo la mappa geografica di territori fino ad allora inesplorati.Avversato dal regime di Stalin, venne condannato a morte nel 1941, e morì due anni più tardi per denutrizione nel carcere di Saratov.
La seconda tranche del percorso è costituita da 8 pezzi della serie Macchie, buchi e fili (2019, tecnica mista), che allude alle sezioni del cervello di Lenin. Alle otto tecniche miste fanno coerente riscontro due video: il primo testimonia l’incendio che distrusse lo studio dell’artista a Mosca nel 2016; il secondo, Abiti bianchi, che ricava il titolo da un’affermazione dell’Apocalisse di Giovanni : «Questi che sono vestiti di bianco chi sono e da dove vengono? […] Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione…», ed è dedicato agli scienziati uccisi durante gli anni della dittatura staliniana. L’ultima parte dell’esposizione e’ articolata con immagini vegetali metaforicamente rappresentate ed incorporate in un’installazione che mostra i materassi appartenuti a profughi e migranti, che Kishchenko ha rinvenuto nell’area di Malamocco/Lido di Venezia, dove l’artista ha trovato rifugio e residenza.
La maggior parte delle opere rappresentano un focus ed una riflessione sulla leggendaria vicenda di Nikolaj Ivanovič Vavilov, recentemente tornato sotto i riflettori e all’attenzione del pubblico e della critica grazie al volume di Peter Pringle. La mostra fa parte di un progetto scientifico internazionale denominato: “Mapping Diaspora: arte russa in esilio”, che ha l’obiettivo di disegnare e aggiornare costantemente la mappa di ciò che quegli artisti hanno creato o stanno elaborando (www.mappingdiaspora.com/it). Silvia Burini e Olga Shishko sono le principali rappresentanti di questo progetto al quale hanno aderito i maggiori specialisti di arte russa in Europa e negli USA.
Come sottolineato da Riccardo Caldura : «Kishchenko ripercorre le vicende dello scienziato, generando un affascinante, quanto rigoroso, percorso espositivo fra immagini, videoproiezioni, installazioni, richiamando non solo gli aspetti tragici della vicenda di Vavilov, da scienziato di livello assoluto a nemico del regime sotto Stalin, ma accennando anche alla più complessa tematica delle migrazioni provocate dalla penuria alimentare e dalle guerre. Nei nostri giorni, qui in terra, è la stessa esistenza dell’Hortus conclusus, immagine del paradiso, ad essere minacciata».
La mostra è visitabile dal mercoledì al sabato dalle ore 11.00 alle ore 18.00 con ingresso libero
di Daniela Paties Montagner
immagine in evidenza: Vavilov, Photomosaic