Di Bravin Luca
“Anno sconosciuto, giorno ignoto: uno psicologo deve pagare il prezzo della conoscenza”
Non ricordo più chi sono, ora non sono altro che un camminatore che si aggrappa alla vita, rimandando una fine già incisa nel mio codice esistenziale.
Mi ritrovo avvolto nell’oscurità, in una stanza buia e senza pareti; non so quanto tempo sia passato, ore o forse giorni, sono stremato, la sete mi sta’ consumando e con essa anche, ogni falsa convinzione di salvezza.
Ricordo che ero uno psicologo criminologo, mi soprannominavano “Hellseher”, l’acronimo di chiaroveggente; curavo i miei pazienti con la sola illusione della vita perfetta, “i traumi guariscono con il tempo, andrà tutto bene” dicevo, ma la verità è che non mi importava nulla di loro e tanto meno del denaro.
Volevo solo trovare risposta ad una semplice domanda: “che cosa siamo realmente noi?”.
Una domanda assai comune, ma ancora senza una risposta precisa.
Un nuovo paziente, anzi, pensavo fosse un paziente, una mattina bussò alla porta del mio studio; era un giovane enigmatico sulla ventina, parlava con carisma, ponendo grande attenzione ad ogni suo singolo vocabolo.
Come un angelo caduto dal cielo, mi aiutò nella comprensione di tale domanda, ma capì troppo tardi che non era un uomo normale; pensavo, che dopo aver ricoperto anni di studio verso la psicopatia, potessi magicamente capire chi fosse fuori di testa e chi no; mi sbagliavo.
Quel giovane era un viandante, un assassino, colui che mi portò dove sono ora; ho capito che nessuno può comprendere realmente ciò che siamo, perché nessuno può valutarsi in forma oggettiva.
Ricordo che disse con voce ipnotica: “che cosa siamo realmente? Ogni umano viene creato allo stesso modo, ma in fondo siamo tutti diversi, manipolatori, illusori, indifferenti, assassini, incoerenti”. Lo fissavo con adrenalina crescente, ma lui non aveva ancora finito di parlare.
Il viandante respirò a fondo e finì la sua frase: “vede dottore, l’unica cosa uguale per tutti…è la MORTE”
Dopo tali parole, la mia vista si spense, buio totale.
Ho vagato a lungo in questo “luogo oscuro”, sembra non ci sia una fine all’ oscurità, forse l’unica via di fuga è proprio la morte, ma ogni quale volta tale pensiero si fa presente mi chiedo:
“Sono in coma? Sono vivo? O sono morto?”
Forse non esiste una risposta concreta neanche per queste mie domande.
Aspetterò con calma, che la morte venga a prendermi, sperando con tutto me stesso, che l’oscurità, prima o poi cessi.