“Alice da grande”, monologo teatrale interpretato e scritto da Bruna Mandolino, un’artista a tutto tondo, che ha saputo dare molto di se in uno spettacolo onirico, che racconta il viaggio surreale della protagonista alla ricerca della creatività perduta. La produzione è a cura di Open Art, inserti scenografici lignei di Bruno Smocovich, le musiche originali sono di Maurizio Ponziani e gli Inserti scenografici video realizzati da Bruna Mandolino (al cui interno figurano alcune opere della pittrice Mariarosaria Stigliano).
Bruna Mandolino con la sua “Alice da grande” tratto dal racconto della stessa autrice “Piazza di Re di Roma”, ha voluto creare un mondo fantastico, sognante, visionario, ma anche realistico, un mondo dove Alice si muove, si agita, riflette, si dispera e gioisce. L’artista sta interpretando Alice adulta o è la stessa Alice che svelerà l’identità dell’artista?
Chiediamolo direttamente a Bruna Mandolino.
Bruna Mandolino, ci può parlare più approfonditamente di quest’opera? Alice, la protagonista di questo monologo è una donna contemporanea, ma anche senza tempo, in quanto il tipo di rappresentazione è molto surreale. Troviamo una Alice cresciuta dal punto di vista psicologico essendo una persona curiosa, che non si accontenta delle prime verità e che accetta la stranezza e la complessità del quotidiano.
In questo monologo, la parte musicale è molto presente, come la parte visual, può spiegarci com’è nato questo connubio? Maurizio Ponziani, autore dei temi musicali, ha saputo raccontare in modo eccellente, tramite ogni singolo pezzo, tutti gli stati d’animo di Alice, momento per momento. Non è un musical, ma c’è tanta musica, come ci sono molti video. Infatti, una parte della narrazione si trasferisce proprio in video, quando Alice entra più di una volta in un “distributore di idee”, dal quale si capisce pian piano che non è altro che entrare dentro se stessa.
Quali sono le differenze fra Bruna Mandolino attrice e Bruna Mandolino ballerina? Bruna Mandolino ha diverse anime e diverse formazioni. Per tutta la prima parte della mia vita, il mio lavoro era quello di attrice di teatro. In questo momento, sto cercando di portare nel mio lavoro di attrice delle opere originali scritte da me e raccontare contenuti che fanno un po’ parte della mia storia. Anche la danza mi ha accompagnata fin da bambina, nasco come danzatrice studiando dodici anni tra classica e contemporanea. Non avendo poi proseguito con una carriera di danzatrice classica, ho avuto la possibilità, circa venti anni fa di riprendere la danza in maniera professionale con il tango argentino e ora lo insegno da circa quattordici.
Quanto è presente la danza in questo spettacolo? In realtà “Alice da grande” è più recitato rispetto ad altre opere che ho interpretato, ma una parte danzante c’è lo stesso, soprattutto perchè è un qualcosa di me che difficilmente si può togliere.
Com’è nata l’idea di creare uno spettacolo come “Alice da grande” con una tematica così impegnativa? Lo spettacolo è tratto dal racconto intitolato “Piazza Re di Roma”, sempre uscito dalla mia penna. In questo caso è nato dal bisogno di raccontare la mia esperienza personale solamente che all’inizio non aveva una forma o un progetto definito era semplicemente un mio bisogno di trasformare situazioni dolorose dell’esistenza in chiave fiabesca. All’inizio questa cosa è nata solo per me stessa nonostante sentissi nel ritmo della scrittura qualcosa che mi richiamava il palcoscenico perchè non aveva un andamento così letterario, quanto proprio da show. Il progetto ha preso forma piano piano, accorgendomi momento dopo momento quanto fosse ben scritto, nonostante lo sentissi come una questione molto personale, ricevendo feedback positivi dalle persone che lo avevano letto, nel periodo del lockdown durante il covid, c’è stata in me quella spinta propulsiva che mi ha dato la motivazione per iniziare a creare le basi per lo spettacolo, caricata anche dall’entusiasmo della collaborazione di diversi artisti veramente bravi. Dentro questo spettacolo c’è un senso di riunificazione di un po’ tutte le istanze interiori che uno ha e che nel mio caso hanno certe forme e certe vesti.
Prima di “Alice da grande” ha curato altri spettacoli come autrice oppure è la prima volta? Questo è il primo spettacolo che ho scritto personalmente, ovviamente ho partecipato a tante altre opere, ma come attrice. Anche se ho lavorato in passato ad uno spettacolo concentrato sul tango che si focalizzava sulle figure femminili di questo ballo con un’impronta storica. In questo caso ho partecipato anche un po’ come autrice, ma comunque prima di “Alice da grande” mi sono solo cimentata nella scrittura di racconti che però non ho mai pubblicato.
Prima ha nominato il covid, come ha affrontato i vari periodi fra lockdown e semi riaperture? Chiaramente è stato un blocco di due anni all’interno di un lavoro già precario però devo ammettere che il primo anno è stato per me esplosivo in quanto è come se l’universo mi avesse detto “ora ti fermi e stai li”. Con “lo nello stare li” ho creato molte più cose di quello che avessi fatto in passato. Ho sviluppato questa capacità della videoarte inventando ad esempio, una sorta di flash mob digitale che ho chiamato “il tango della resilienza” dove ho montato due riprese di me stessa mentre ballavo una volta nella versione femminile e una volta in quella maschile, che montandole insieme davano l’illusione di un ballo di coppia e ho lanciato questo flash mob che ha avuto molto successo nel pubblico ed in un periodo particolare come quello che abbiamo passato è stato un modo per riaprirsi all’esterno.
Per concludere, progetti futuri? Sicuramente, incrementare le interazioni con altri artisti attraverso spettacoli in scena e iniziative culturali di varia natura e nei sogni trovare un luogo fisico che possa essere la casa del tango argentino.
Eleonora Francescucci